Il commento
Violante e la fine della damnatio memoriae su Craxi: quando riemerge il linguaggio della verità
L’intervista di Luciano Violante rilasciata ad Aldo Torchiaro mi trova d’accordo dalla a alla z. Ha il merito di essere chiara e dà a Cesare quel che è di Cesare. Nella fattispecie, Cesare è Bettino Craxi. Finalmente Violante ha messo fine alla solita e insopportabile “damnatio memoriae” nei confronti della figura di Craxi. Se la riflessione del presidente emerito della Camera fosse stata la posizione del suo partito, negli anni in cui si demonizzava il leader socialista, sarebbe cambiato il corso della storia d’Italia e avremmo evitato di fare dell’Italia il laboratorio di mostri e scempi politici. In forza di ciò avremmo avuto una sinistra socialista liberale alla guida del Paese e Nanni Moretti non avrebbe detto che “con questi dirigenti non vinceremo mai, ci vorranno generazioni prima che il centrosinistra torni a vincere”.
In sintesi, Luciano Violante ha parlato il linguaggio della verità su Bettino Craxi e sul ruolo ancillare della politica rispetto alla magistratura. È l’unico della sua tradizione culturale e politica che non usa figure retoriche per parlare degli anni che sconvolsero l’Italia per via giudiziaria. Lui, che resta uno dei protagonisti della stagione, in cui si gettarono le basi del crollo della Prima repubblica, afferma che la “sinistra confuse la questione morale e la questione giuridica”. Ah! Se questa riflessione fosse stata fatta prima che iniziasse il massacro della Prima repubblica, di cui ci sono luci e ombre e, in verità, non era tutto oro quello che luccicava, avremmo salvato l’Italia da una fenomenologia di costume politico, culturale e civile, di cui stiamo pagando il fio.
Questione di finanziamenti
Il contesto in cui si viveva era quello di Yalta e l’Italia era un Paese a sovranità limitata. I due partiti principali erano finanziati illegalmente, ciò che, erroneamente, risultava legale, visto che tutti sapevano che il Pci era finanziato da Mosca sino al periodo in cui Gorbacev guidava l’Urss e idem la Dc, per lunga parte della sua storia, fu finanziata dagli USA. Insomma, così facevano tutti: compreso il PSI. Nel 1990, fu approvata l’amnistiata a favore del finanziamento illecito dei partiti di cui usufruì molto il Pci. In breve, si salvò il Pci-Pds e fu distrutto il pentapartito per via del finanziamento illegale. Gli accadimenti italiani non sono riscontrabili nemmeno nelle repubbliche comuniste dell’Est Europa, compresa l’Urss, dopo il 1989. C’è da dire che non hanno sottoposto a processo le classi dirigenti che governarono in regime totalitario. Dopo il crollo del comunismo, l’unico caso drammatico e violento si verificò in Romania. Laddove fu istituito il Tribunale Militare Eccezionale: tre giorni dopo Nicolae Ceaușescu e sua moglie Elena furono giudicati e dopo un processo sommario furono condannati a morte. Altri casi di simile drammaticità non si sono verificati nel passaggio dal comunismo alla democrazia embrionale.
“Cuore caldo, mente fredda e mani pulite”
In Italia, un gruppo di magistrati, che preferirono chiamarsi, con l’anglicismo pool e con la denominazione di Mani pulite, usata dalla polizia segreta politica sovietica Ceka, – “Cuore caldo, mente fredda e mani pulite”-, attraverso le inchieste minarono le basi della classe dirigente e delle strutture dei partiti, i cui meriti furono di aver dato, democrazia, libertà e sviluppo economico. Le inchieste, fuori dallo Stato di diritto e talvolta etico, spazzarono via la Prima repubblica e aprirono le porte a Silvio Berlusconi, poi a Beppe Grillo e, attualmente, a Giorgia Meloni. Ma il “regalo più bello” fatto dal pool di Mani pulite è stato che i vinti della storia sono andati a potere al posto dei vincitori e, per di più, sono scomparsi dalla scena politica. C’è di più. Nel panorama politico è passato il populismo soft di Berlusconi, quello hard di Grillo e il sovranismo populista di Meloni. Grazie alle ambizioni politiche Antonio Di Pietro altalenante tra destra e sinistra, per poi essere eletto, nel collegio più rosso d’Italia il Mugello, e come se non bastasse fondò un proprio partito, una sorta di circo Barnum del trasformismo e dalla vita breve, ha lasciato dietro di sé il terreno in cui si sono coltivate le forme politiche di cui sopra. E alla intemerata “Resistere, resistere resistere” di Francesco Saverio Borrelli, come una sorta di linea del Piave, in realtà, era Caporetto, ci ha lasciato in eredità il governo populista di Grillo, per arrivare a quello della post fascista di Giorgia Meloni. Ricorda Violante: tutto si sarebbe risolto con l’esortazione di Craxi “Se non troviamo una soluzione politica, prevarranno l’avventurismo e la degenerazione”.
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