Questione morale e sinistra: abbiamo chiesto il parere di Luciano Violante, l’ex magistrato che è stato parlamentare dal 1979 al 2008 e Presidente della Camera dal 1996 per cinque anni.

Il garantismo è un valore universale?

«Io sono contrario agli “-ismi”. Perché gli “-ismi” sono un deterioramento della parola. Lo ha spiegato Lopez de Onate. Il principio è quello della presunzione di innocenza, che è un criterio puramente giuridico. Poi c’è il piano politico e quello etico. Che sono cose diverse. Rispettare le garanzie della persona è una forma di civiltà. Poi ci sono i parametri della politica e dell’etica politica che sono distinti dal processo penale».

In che termini?
«Una persona può comportarsi correttamente dal punto di vista penale e invece in modo assolutamente discutibile per etica pubblica. Oppure l’inverso: comportarsi bene dal punto di vista etico ma fare qualcosa che costituisce reato. Da sindaco ho i migranti che non so dove mettere e li metto in un albergo che sequestro? Dal punto di vista dell’etica pubblica faccio una cosa giusta, ma commetto un reato».

Vuole dire che si confondono spesso i piani?
«Sì, voglio dire che i parametri sono diversi. La politica, che ha smarrito in questo momento la propria autonomia, diventa subalterna alle categorie del giuridico».

Sottintende che parlare di garantismo significa prendere una posizione politica?
«Io preferisco parlare di legalità, che si colloca sul piano giuridico. E comporta non considerare una persona colpevole finché non c’è una certezza determinata dall’ultimo grado di giudizio. Ma insisto: c’è un profilo etico e politico distinto dall’aspetto giuridico. E la politica che si schiaccia sul giuridico, non è apprezzabile».

La politica ha abdicato, si è schiacciata sul giuridico?
«E non da adesso, sono trent’anni. Dal 1992 ha rinunciato a esercitare un proprio governo dei comportamenti politici e si è sdraiata sul lettino del giurista».

Soprattutto la sinistra?
«All’inizio, con Mani Pulite, la sinistra ha confuso la questione morale e la questione giuridica. Ma tra il 1992 e il 1994 si è confuso tutto da parte di tutti. Quando Craxi disse: “Guardate che se non troviamo una soluzione politica, prevarranno l’avventurismo e la degenerazione”, aveva ragione. È quello che è avvenuto. Perché distingueva il piano politico da quello giuridico. Purtroppo nessuno di noi capì. E sappiamo tutti come è andata».

Oggi nel Pd stanno lavorando a un nuovo regolamento etico. Non bastava il codice etico del 2008?
«Naturalmente i codici etici si fanno anche in relazione a situazioni specifiche. C’era alla fondazione del Pd, al Lingotto. Ma evidentemente oggi si ritiene necessario richiedere un costume che qualcuno aveva dimenticato».

Le notizie di questi giorni, i voti comprati a Bari, le questioni di Torino, la sorprendono?
«Mi sorprendono. Ma aspettiamo di vedere il seguito delle indagini, che finora destano preoccupazione, e distinguiamo gli innocenti dai colpevoli: E riflettiamo sui luoghi dove si sarebbe inserito il malaffare».

La reazione del M5S è stata forte, accendono il sacro fuoco moralizzatore. E Schlein finisce per assecondarlo.
«Naturalmente lei è più in difficoltà di lui su questo punto. E Conte sta legittimamente conducendo la “battaglia dei secondi”: quello che fa Conte con Schlein è come quello che fa Salvini con la Presidente Meloni. I numeri due sono sempre pericolosi per i numeri uno».

Il leader dei Cinque Stelle però è uscito dalla giunta pugliese. Non è solo polemica, si rompe il Campo largo su queste cose.
«Conte ha preso delle decisioni coerenti con quello che ha detto. Si può essere contenti o meno, ma sostenendo che quegli avvenimenti sono contro l’etica del suo partito, si è schierato fuori dalla maggioranza della Regione. È coerente, anche se può essere più o meno gradito».

Ma esiste una questione morale a sinistra?
«Sono scettico sull’uso del termine “Questione morale”. Cosa vuol dire questione morale? Vuol dire che l’attività politica in generale è distorta a fini di arricchimento personale? Che esistano problemi giuridici di natura penale per alcuni esponenti del Pd, come anche di altri, in questi giorni, è un fatto. Ci sono comportamenti politici che fanno emergere questioni di correttezza. Starei attento all’uso immorale della questione morale. o’ eccessivo».

Siamo lontani dal rispetto filologico dell’espressione berlingueriana…
«Sì, Enrico Berlinguer diceva un’altra cosa: i partiti hanno occupato lo Stato e perciò c’è una questione morale. Si riferiva al rapporto invasivo dei soggetti politici nei gangli dello Stato, quindi a fatti politici e non a processi penali».

Quando si parla di cacicchi e capibastone, mi sembra che prevalga una coloritura populista. Chi sono, in fondo, i cacicchi se non dirigenti locali che curano il territorio, fanno tessere, coltivano un rapporto con il loro elettorato?
«Non so bene in quale momento ma a un certo punto c’è stato un gruppo dirigente del Pds-Ds-Pd, nella sua evoluzione, che ha attribuito piena autonomia ai capi locali purché sostenessero il gruppo dirigente nazionale. A un certo punto mi sembra sia è invalsa implicitamente questa condizione: “Sulle questioni locali, fate voi, purché sosteniate il centro”. Sono cresciute così autonomie distorte, che non rispondevano più a una logica complessiva».

Ma i sindaci della “primavera dei sindaci”, erano cacicchi?
«No, i sindaci erano eletti. Definirei i cacicchi quei dirigenti politici che si attribuiscono il potere di fare il bello e il cattivo tempo sul territorio. Potentati locali sganciati dalla logica generale: il cacicco non è un eletto, è un ras che sta dietro le quinte senza essere stato votato».

Il rapporto tra politica e magistratura a trent’anni da Tangentopoli, secondo lei, è evoluto o il populismo giudiziario è ancora forte?
«Devo dire che in questo momento si sta registrando un tentativo di ridimensionamento della magistratura rispetto alla politica. Nel 1993 scrissi un articolo su L’Unità in cui dicevo: “C’è uno sfrenato giustizialismo. E stiamo attenti: nessuna società accetterà di essere governata dai giudici. E prima o poi arriverà un potere regolatore che cercherà un riequilibrio tra partiti e magistrati”. Oggi credo che sia in corso questo riequilibrio».

Giusto limitare il sequesto dei cellulari, pensando anche al caso dell’inchiesta Open?
«C’è una pdl, aspettiamo di vedere la legge».

Il trojan a strascico va limitato?
«Il trojan è uno strumento pericoloso. Dobbiamo cercare un equilibrio tra i diritti della persona e il diritto all’accertamento delle responsabilità. Alcune volte il trojan serve, ma c’è un eccesso nell’uso di questo strumento. Auspicherei si potesse fare una riflessione tra penalisti e politica intorno al giusto limite di garanzia della privacy individuale rispetto all’acquisizione delle prove».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.