Mai così lontani Pd e Conte, onorevole Lia Quartapelle. Fine del campo largo o no?
«Non siamo stati insieme nel 2022 per ragioni politiche. Ogni volta che c’è una elezione primaria insieme come in Sicilia o a Bari i 5S si ritirano a poche ore dalla contesa; in Basilicata sappiamo le difficoltà a trovare un candidato comune. Non vedo perché insistere su una prospettiva più vagheggiata che reale. I cittadini ci voteranno alle europee sulla nostra idea di Europa nel 2024 e non sulla possibilità che nel 2027 forse vorremmo presentarci insieme».

Non insistere che vuol dire?
«Lui pensa che i suoi elettori siano incompatibili con noi. Si culla nella nostalgia dei bei tempi con Salvini».

E dunque?
«Ripeto, non vedo perché dobbiamo insistere su una cosa che non è reale e non è attuale visto che alle Europee si vota col proporzionale. Peraltro non credo affatto che Conte prenderà più voti di noi. E sa perché? Perché la gente sa che si vota sull’Europa, e chi vuole bene all’Europa che ci ha salvato dalla pandemia vota Pd. Non Conte che fa i patti con la Cina ed è ambiguo sulla Russia».

D’accordo, onorevole Quartapelle, ma negli ultimi giorni l’avvocato è stato molto furbo utilizzando le inchieste di Bari e Torino per rompere con il Pd. Non siete stati un po’ remissivi, un po’ timidi?
«Conte non può darci nessuna lezione. Tre giorni fa è stato condannato a otto anni Marcello De Vito, grillino, che era presidente del consiglio comunale di Roma quando Conte era presidente del Consiglio, quindi per favore fossi in lui eviterei di fare il maestrino. Poi Conte invece di uscire dalla giunta di Emiliano ha annunciato che con lui farà un patto per la legalità… Non scherziamo. E oggi a Palermo è stato arrestato un ex consigliere di Fratelli d’Italia: chi è senza peccato scagli la prima pietra».

Su Bari e Torino il Pd ha dato l’idea di dichiararsi “colpevole”. Non solo non si è vista traccia di garantismo ma addirittura c’è stata una specie di auto-giustizialismo, non le sembra?
«Certo ci vuole molta attenzione, in queste cose c’è in ballo la vita della gente. Tante volte abbiamo visto accuse che poi si sono rivelate bolle di sapone. Ogni vicenda va valutata a sé, sembrano due vicende che segnalano qualche opacità. Io avrei preferito una risposta più politica per esempio sulla necessità di estendere anche alle società partecipate gli stessi obblighi di trasparenza che valgono per le società quotate».

Le sembra giusto che il capogruppo del Pd in Piemonte Raffaele Gallo, non indagato, si sia dimesso e non si ricandidi perché è indagato il padre?
«Raffaele Gallo ha compiuto un gesto di grande dignità. Mi auguro che il padre venga scagionato e lui possa riprendere l’attività».

Ma così la magistratura fa le liste non colpendo i candidati ma i genitori dei candidati…
«Ci sono momenti in cui si fanno dei gesti. Ricordo Maurizio Lupi che si dimise per una storia che riguardava il figlio, quello fu un atto che poi si è rivelato di responsabilità verso le istituzioni».

Invece di dare battaglia a Conte, Elly Schlein se l’è presa con i cosiddetti cacicchi e con i capibastone. Ma comandano davvero loro nel Pd?
«Di questo bisognerebbe discutere. Io sono d’accordo con quanto ha detto Stefano Esposito, cioè che spesso sono quattro capibastone nel chiuso di una stanza a prendere le decisioni ed è chiaro che un partito così non funziona. Guardi, da tredici congressi regionali che si sono tenuti nell’ultimo anno sono usciti quattro segretari dopo una contesa trasparente ma negli altri nove casi hanno deciso ristretti gruppi dirigenti che si sono messi d’accordo su un nome unitario. Così non va bene».

E che bisognerebbe fare?
«Aprire porte e finestre. Inutile fare denunce astratte. La caccia al cacicco non mi appassiona, anche perché i capibastone stanno di qua e stanno di là… E non si può nemmeno accusare chi prende tanti voti di essere per questo un affarista. Ecco, dalla segretaria mi aspetterei maggiore coscienza di questo problema. Avrei voluto una posizione più politica».

Quartapelle, lei è considerata una delle esponenti più vivaci dell’area riformista del Pd. È vero che alle Europee rischiate una specie di epurazione?
«Non credo, vado molto in giro e vedo tanta partecipazione alle iniziative degli esponenti riformisti. La gente ha voglia di idee chiare, e noi sull’Europa abbiamo posizioni chiarissime. Ho sentito persone dire: voto Pd perché ci siete voi».

Però non vi si sente molto. Le riunioni della Direzione quasi sempre finiscono all’unanimità. Non c’è bisogno di una dialettica più esplicita?
«A parte che il dibattito c’è sempre stato, certo serve per esempio convocare più spesso la Direzione. Serve maggiore discussione per avere alla fine una linea chiara».

Dopo il voto di giugno, più collegialità?
«Non dopo il voto. Da subito».

Elly Schlein rischia?
«Non mi auguro certo che rischi. Anche perché il Pd andrà bene».