Dopo lo strappo di Bari e le minacce di Giuseppe Conte a Michele Emiliano, nel campo largo fa notizia perfino una stretta di mano gelida. Un po’ poco per riaprire il cantiere dei giallorossi. Elly Schlein e Giuseppe Conte si incrociano a un evento nell’auletta dei gruppi di Montecitorio. Un convegno sull’ambiente organizzato dall’ex senatore grillino Gianni Girotto.

Prevista, da tempo, la presenza dei due leader. Ma lo sfascio del campo largo pugliese ha rovinato tutto. E così l’happening diventa esso stesso una notizia. Schlein arriva un’ora prima e parla di transizione ecologica. Nel frattempo taccuini e telecamere sono tutti per Conte, che si fa desiderare. L’ex premier si presenta con circa sessanta minuti di ritardo. Entra alla chetichella nell’auletta della Camera dei Deputati. Dopo poco finisce il convegno. Quel che resta è, appunto, una stretta di mano glaciale. “Stringetevi la mano”, dicono i cronisti presenti, ansiosi di avere la foto di giornata. I due si danno la mano in un clima plumbeo. Come va con Conte? chiedono i giornalisti. “Sempre bene, siamo qui insieme…” abbozza la segretaria, imbarazzata. Il presidente del M5s, invece, è raggiante. Sale sul palco e fa il sornione: “La stretta di mano c’è stata”. E ancora, inseguito dai flash: “Mi impegno a non dichiarare”.

La scena è rivelatrice degli attuali rapporti di forza all’interno del campo largo. Conte detta i tempi, Schlein insegue. La leader del Partito Democratico si trova in una posizione difficile, dopo l’inchiesta che ha portato alle dimissioni in Puglia di Anita Maurodinoia, assessora della Giunta di Michele Emiliano. Una tempesta perfetta, per la deputata che guida il Pd. E il caos si innesta pericolosamente nel dibattito sulle liste per le elezioni europee dell’8 e 9 giugno prossimi.

Questo è forse il momento più complicato, nella parabola politica di Schlein. Che si trova ad affrontare una congiunzione astrale negativa potenzialmente disastrosa. Per la prima volta la segretaria è sotto il fuoco incrociato di tutte le correnti, per motivi diversi. “Non diciamo che bisogna rompere definitivamente il campo largo, ma dobbiamo far capire a Conte che lui senza il Pd non è autosufficiente”, spiega un dirigente del vasto mondo riformista. La minoranza interna chiede un segnale forte all’indirizzo del M5s.

Per i riformisti Schlein paga la troppa timidezza nei confronti di Conte. E il malumore per quella che viene definita “la sudditanza ai grillini” crea un cocktail micidiale con le aspettative degli aspiranti candidati alle elezioni europee di rito non-schleiniano. Il rebus delle candidature è ancora di là da essere risolto. Archiviato lo schema del “panino”, che prevedeva Schlein in corsa ovunque in terza posizione, al Nazareno sono alla ricerca di un equilibrio tra le richieste degli uscenti e la voglia di rinnovamento della segretaria. Lei vorrebbe conservare almeno un paio di posti da capolista per i civici pacifisti Marco Tarquinio e Cecilia Strada, ma la fila dei pretendenti è lunghissima.

E Bonaccini mantiene la suspense sulla sua candidatura da capolista nel Nord Est: “Ve lo diremo nei prossimi giorni”. Ma è bastato un retroscena pubblicato mercoledì da Repubblica per far montare una protesta trasversale. “Sulle liste decido io”, il virgolettato attribuito alla segretaria. Parole che hanno provocato il solito mal di pancia tra gli europarlamentari uscenti e non solo. L’accusa è sempre quella di voler “commissariare” il Pd con gli esterni.

A guidare la fronda a Bruxelles c’è sempre l’europarlamentare uscente Pina Picierno, che anche ieri ha picconato sull’ex premier pentastellato: “Non prendiamo lezioni di moralità da Conte”. Intanto al convegno alla Camera, di fronte a Schlein, l’avvocato spargeva il sale sulla ferita del campo largo, incalzando sul pacifismo, un tema che dilania internamente il Pd. “Non si va verso una transizione ecologica ma verso una transizione militare. Stanno favorendo una corsa al riarmo”, ci è andato giù duro Conte.

Ma Schlein deve fare i conti anche con la sinistra dem. Se per la minoranza la segretaria è troppo morbida con il leader del M5s, per una parte dell’area che l’ha sostenuta al congresso invece è troppo arrendevole nei confronti di Emiliano. “Noi da anni denunciamo il trasformismo alimentato da quelli che lei ha chiamato cacicchi”, spiega un deputato vicino a Pierluigi Bersani. Insomma, troppo debole con Conte e troppo timida con Emiliano. Critiche incrociate che danno linfa alla suggestione di una messa in discussione della segretaria il giorno dopo le elezioni europee. Anche perché il campo largo non funziona. Dopo l’incontro nell’auletta dei gruppi di Montecitorio, Schlein e Conte non si sono visti né sentiti. I rispettivi staff confermano il gelo totale e l’assenza di comunicazioni. Alla buvette di Montecitorio spunta Paola Taverna insieme a Igor Taruffi e Davide Baruffi, i due emissari del Pd che tessono la tela delle alleanze sui territori. Troppo poco per riaprire il campo largo. Meno di una stretta di mano.