Gli indagati “eccellenti” dell’inchiesta della Procura di Bari che ha terremotato il Pd pugliese respingono le accuse al mittente. L’ormai ex sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli, non sarebbe stato infatti a conoscenza delle eventuali modalità illecite attraverso le quali furono raccolti i voti per la sua elezione nell’ottobre del 2021. Lo ha dichiarato ieri egli stesso durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip di Bari Paola De Santis. Agli arresti domiciliari dallo scorso 4 aprile con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, prima di sottoporsi all’interrogatorio Donatelli aveva presentato al prefetto del capoluogo pugliese le proprie dimissioni dalla carica di sindaco.

Una decisione che potrebbe incidere sulla misura cautelare, essendo venuto meno il pericolo di inquinamento delle prove. “Ha detto di avere una responsabilità morale e politica nei confronti della sua coalizione, per cui” se c’è il sospetto “che anche un solo voto sia inquinato, si dimette”, aveva fatto sapere il suo difensore di fiducia, l’avvocato Giuseppe Modesti. Secondo l’accusa, l’organizzatore del “sistema” per procacciare i voti alle elezioni comunali e regionali sarebbe stato Sandro Cataldo, per tutti “Sandrino”, ideatore della lista Sud al Centro e marito di Anita Maurodinoia, assessora ai Trasporti della giunta di Michele Emiliano, anch’ella dimessasi dall’incarico. Oltre ad aver pilotato le elezioni regionali del 2020, Cataldo avrebbe condizionato anche quelle in due comuni della provincia di Bari, quelle a Grumo Appula a settembre 2020 e quelle, come detto, a Triggiano ad ottobre del 2021.

“Se ipoteticamente fossero stati comprati tutti i voti di tutte le liste che sono nel mirino delle investigazioni – ha però sottolineato Modesti -, la coalizione di Donatelli avrebbe comunque vinto le elezioni” del 2021 dato “lo scarto talmente grande” con l’avversario. Donatelli ha poi ammesso di conoscere Cataldo ma di non essere stato mai “a conoscenza di eventuali illiceità” né di averne avuto “alcuna percezione”. “Siamo fiduciosi – ha affermato Modesti al termine dell’interrogatorio del proprio assistito – che verrà dimostrata la sua estraneità ai fatti”.

Ed è sulla consapevolezza o meno degli eventuali reati commessi che si giocherà il futuro dell’inchiesta. Consapevolezza che non emerge con chiarezza nelle quasi 300 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare. Che esistessero degli elenchi con i nominativi degli elettori è acclarato. Come è acclarato che ci fossero vari gregari che stazionavano nei pressi delle sezioni elettorali, con il compito di verificare se queste persone si fossero effettivamente recate alle urne. Per avere la prova del voto la scheda doveva riportare un segno di riconoscimento. Le indagini, condotte dal procuratore aggiunto Alessio Coccioli e dai pm Claudio Pinto e Savina Toscani, erano partite infatti dal ritrovamento in un cassonetto per la raccolta dei rifiuti a Bari ad ottobre del 2021 di parti di fotocopie di documenti d’identità, codici fiscali di cittadini triggianesi, e un consistente numero fac-simile di schede e volantini di propaganda elettorale. Gran parte dell’impianto accusatorio della Procura si basa però sulla corposa messaggistica fra i componenti dei vari comitati elettorali, recuperata mesi dopo le elezioni dai carabinieri. Ad iniziare dal messaggio che ha sollevato l’indignazione generale in questi giorni: quello del voto in cambio di una bombola del gas. Si tratta di un vocale che è stato così trascritto dagli inquirenti. “La signora è venuta di nuovo e ha detto: ho tutti gli amici di mio figlio di votare, faccio venire mio figlio per il rappresentante di lista, però voglio la bombola del gas, è venuta di nuovo” a cui ne segue un secondo in cui aggiunge “ha dieci figli”. Nulla più. Nell’ordinanza non risulta se la donna sia stata ad oggi compiutamente identificata.

E di “suggestione investigativa” ha parlato l’avvocato Mario Malcangi, difensore di Cataldo, anch’egli agli arresti domiciliari, negando dunque il pagamento di 50 euro a voto o di altre utilità. “I problemi di corruzione elettorale sono documentati, ma non sono in alcun modo ascrivibili né fanno capo a lui. Era il coordinatore della campagna elettorale, ma le ipotesi criminose non sono ascrivibili a lui”, ha dichiarato ieri Malcangi al termine dell’interrogatorio di garanzia. “Capisco la suggestione di credere che un sistema politico di porta a porta e telefonate sottenda un comportamento illecito – ha aggiunto il legale -, eticamente la cosa può essere non compresa dai più”, ma non “sottende illeciti”. Quanto agli elenchi con i dati degli elettori, Malcangi ha spiegato che sono “tipici delle campagne elettorali per tenere sotto controllo il territorio nel senso migliore del termine, per verificare che tutte le possibilità di voto siano state approfondite”. “Confidiamo – ha quindi aggiunto – di poter chiarire le cose, anche se ci vorrà di tempo”. Per Cataldo è stata chiesta al termine dell’interrogatorio l’attenuazione della misura cautelare. Il sospetto, dunque, è che condotte certamente non commendevoli siano state amplificate oltre misura. La prudenza è quanto mai d’obbligo e la responsabilità penale è sempre personale. Il rischio è di aumentare ancor di più il sentimento di antipolitica presente fra i cittadini.

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Giornalista professionista, romano, scrive di giustizia e carcere