Tina Turner era tosta. Era potente. Era inarrestabile. Ed era impenitentemente sé stessa: parlava e cantava la sua verità attraverso la gioia e il dolore, il trionfo e la tragedia. Oggi ci uniamo ai fan di tutto il mondo per onorare la regina del rock and roll e una stella la cui luce non tramonterà mai”. Le parole di Barack Obama, in un messaggio diffuso su Twitter dopo l’annuncio della scomparsa dell’icona americana del rock, sono la sintesi perfetta della personalità di Tina Turner.

È stata una regina, la regina. Le sue due vite richiamano, con un salto culturale, l’incipit di Anna Karenina, “Tutte le famiglie felici si assomigliano, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”. Perché Tina Turner, alla nascita Anne Mae Bullock, ha avuto un’esistenza drammatica che però ha saputo affrontare con forza, ribaltando un destino apparentemente segnato. Prima di diventare la leggenda che abbiamo ammirato, ha conosciuto l’estrema povertà nelle campagne del Tennessee, da bambina, la violenza e gli abusi del marito, Ike, con il quale aveva iniziato la carriera musicale. Ha affrontato poi il dolore per il suicidio del figlio Craig, e ha sopportato la lunga malattia che l’ha portata fino alla morte.

Tina Turner si è sempre rialzata, lasciando in eredità un messaggio per tutti: il significato delle parole resilienza e riscatto. È riuscita dal fondo in cui l’aveva precipitata la violenza domestica a raggiungere le vette della celebrità e della leggenda. La regina è morta il 24 maggio in Svizzera, all’età di 83 anni, dopo una lunga malattia nella sua casa di Küsnacht vicino a Zurigo, in Svizzera. La sua prima vita ebbe un tratto rivoluzionario per l’epoca, quando trovò il coraggio di fuggire dal “suo” Ike, l’altra parte del duo che pure aveva appassionato l’America e che per lei si era trasformato in inferno quotidiano. Fu la prima rockstar a parlare di violenza domestica dal palco.

Nel docufilm Tina, diretto dai vincitori dell’Academy Award Dan Lindsay e T.J. Martin e prodotto da HBO, presentato nel 2021 alla Berlinale, si racconta tutta la sua incredibile vita, dalla prima violenza: “Quando rimasi incinta, non volevo viaggiare, Ike pensava che sarei andata via diventando una star. Mi picchiò con la forma per le scarpe. Poi volle fare sesso. Fu l’inizio delle violenze”, fino al momento della liberazione: “Stavamo andando all’aeroporto in auto e cominciò a picchiarmi. Quella volta reagii, urlai, lo insultai. Arrivati in hotel a Dallas, c’era sangue dappertutto. La gente si chiedeva, come faranno a cantare stasera? In stanza lo massaggiai alla testa come ero solita fare, lui cominciò a russare. Uscii con l’intenzione di andare in un altro hotel, presi un vicolo, mi ritrovai in un’autostrada, ricordo i clacson dei Tir, le luci delle macchine. Al manager dell’hotel dissi che avevo 36 centesimi in tasca, gli mostrai la patente, l’indomani gli avrei restituito i soldi. La mattina dopo presi l’aereo per Los Angeles. Era il 4 luglio, il giorno dell’indipendenza in America e della mia libertà”. Era il 1976. Ike pensava che il mondo non avrebbe più sentito parlare di Tina. Lui mori nel 2007 per una overdose di cocaina. Lei raggiunse un successo planetario.

E, raggiunta la sua libertà, Tina ci ha regalato un successo dopo l’altro, da The Best a What’s Love Got to Do with It, che ha toccato la vetta dei singoli più venduti della Billboard Hot 100 negli Stati Uniti, rimanendovi per tre settimane. E poi We don’t need another hero, Private dancer fino a Golden Eyes, brano del 1995 che ha accompagnato una missione di James Bond.

La canzone è stata scritta per Tina Turner da Bono e The Edge degli U2. Le sue performance sul palco sono diventate leggenda. Chi ama la musica non può non ricordare la straordinaria esibizione al Live aid di Philadelphia, organizzato da Bob Geldof nel 1985, di Tina e Mike Jagger, che con la loro State of Shock esaltarono il pubblico presente. All’inizio di ogni suo concerto, Tina diceva sempre al pubblico: “Are you ready for me?”, siete pronti per me? Tutti erano pronti per lei, per quel suo fascino senza tempo, quella voce così graffiante che ti entrava dentro, quella vitalità della donna prima dell’artista che ti gridava volere è potere. Oggi, siamo tutti più orfani. Ci mancherà la sua voce roca e coinvolgente. Ci mancherà la regina del Rock and roll.

Paola Izzi

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