Il processo senza avvocato all'insaputa dell'imputato
Torna in Italia per un funerale e viene sbattuto in carcere: la storia tragicomica di una giustizia malata
Che strano universo quello della giustizia. Cioè quella che noi comunemente chiamiamo giustizia, ma che di giusto a volte non ha davvero nulla. Quella che leggerete ora sembra una favola tragicomica, uno spettacolo teatrale volto a suscitare il riso e l’amarezza. No. È successo davvero. Siamo nel lontano 2014 e Alexander Gotter è un cittadino tedesco di 24 anni in vacanza a Milano. Viene sorpreso a scarabocchiare un vagone della metropolitana. Fermato e identificato dalle forze dell’ordine, viene portato in questura, gli viene nominato un difensore d’ufficio e dopo nemmeno ventiquattro ore viene espulso dall’Italia.
Fin qui, pare non ci sia nulla di strano, se non fosse che si apre un processo di cui lui non sa nulla. Il suo avvocato non lo contatta mai; tutte le notifiche a lui vengono fatte al suo difensore; nel processo non viene minimamente difeso; il giudice lo condanna a otto mesi senza sospensione condizionale; il difensore non impugna e la sentenza di condanna diventa definitiva. «Ma a questo punto accade qualcosa di ancora più kafkiano – commenta l’avvocato napoletano Andrea Castaldo che solo in un secondo momento ha assunto la difesa di Gotter – Per condanne di questo tipo, il Pubblico Ministero è obbligato a sospendere l’esecuzione della pena e il condannato può chiedere l’applicazione di una misura alternativa alla detenzione; la notifica dell’ordine di esecuzione sospeso viene nuovamente fatta al difensore d’ufficio. Quindi, nessuna istanza di conversione viene depositata e il Pubblico Ministero emette l’ordine di carcerazione».
Ora si tocca l’apice del surreale: Gotter finisce in carcere. Nel 2020 Gotter, per ragioni lavorative, chiede un certificato del casellario giudiziale e l’Italia risponde attestando l’assenza di precedenti. Siamo nel 2022, Alexander, ormai sposato e con una figlia di soli quattro anni, viaggia in Italia per partecipare al funerale di un parente. Viene fermato a Livorno e condotto in carcere. Capite? Fermato, ammanettato e sbattuto in cella mentre stava per imbarcarsi con la famiglia su un traghetto. Non ne sapeva nulla. Per otto anni la sua vita è andata avanti nella ferma convinzione che l’episodio di Milano fosse stata una bravata iniziata e finita quella notte. E invece per otto anni la giustizia italiana, il Tribunale di Milano per la precisione, ha fatto un processo a sua insaputa. Processo che l’ha trascinato in galera. Gotter si è trovato improvvisamente in carcere a Livorno, in cella con altri detenuti, senza conoscere né l’italiano né l’inglese, ma solo la sua lingua madre, il tedesco.
Ma soprattutto senza conoscere il perché dovesse andare in prigione, non avendo mai avuto alcuna notizia del processo e della condanna. Una vicenda surreale. «Gotter si è rivolto a me e con estrema difficoltà sono riuscito preliminarmente a ottenere una detenzione domiciliare presso la casa di uno zio, residente in Sardegna – racconta l’avvocato Castaldo – e con il provvedimento della Corte d’Appello di Milano giustizia è stata fatta, poiché il provvedimento ha annullato l’intero processo (che quindi ricomincerà daccapo), affermando che il condannato non aveva mai avuto conoscenza della contestazione».
Il giovane tedesco è stato arrestato il 25 marzo e solo dopo un mese è riuscito a ottenere gli arresti domiciliari. Un mese dietro le sbarre, senza parlare una parola di italiano, ma forse non avrebbe avuto parole per quanto stava accadendo. Questa è una follia tutta italiana sulla quale ha alzato la voce anche l’ambasciata tedesca. Gotter ha rischiato di perdere il lavoro, la Bmw ha minacciato di licenziarlo più volte. Ora Alexander ha ottenuto la scarcerazione immediata. È un uomo libero. Ma noi siamo ancora liberi di chiamare questa strana creatura giustizia?
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