I numeri dei sondaggi non lo dicono affatto, ma la sensazione che corre e lievita come una gigantesca torta è quella di una vittoria di Trump. Come mai? Si è svolta a Washington la grande festa del Niaf, la potentissima associazione degli Italo americani che oggi sarebbe molto più corretto chiamare americani italiani. Quando tutti i grandi discendenti degli emigrati di Ellis Island (l’isola davanti a New York dove i funzionari di frontiera selezionavano chi poteva emigrare in America) si concentrano indossando lo smoking, il popolare “tux”, vuol dire che è arrivata l’ora delle grandi manovre.

Il Niaf, la fondazione nazionale degli americani di origine italiana, è sempre stata repubblicana e lo era certamente in questa 48esima edizione a Washington con grandi schermi e podio per i saluti dalla Casa Bianca. Il rango e la potenza elettorale del Niaf non merita sempre la presenza del Presidente ma stavolta Joe Biden c’era e ha lusingato la platea: “Michelangelo vedeva l’angelo nel marmo e il suo scalpello lo rendeva libero: è ciò che gli italiani hanno fatto per l’America”. Applausi e giubilo al galà. Ma riusciranno queste lusinghe a ad attirare un solo voto per i Dem? È molto improbabile visto che non si sana la spina nel fianco che era ancor più visibile al grande raduno trumpiano di New York, davanti al Madison Square Garden, dove i cancelli si sono chiusi dopo il passaggio di ventimila sostenitori con cappello Maga, mentre altrettanti sono rimasti fuori.

Black senza averne diritto

New York è un bastione democratico (anche Trump è stato Dem quando finanziava Hillary Clinton) ma quella folla dava un’idea molto vitale della popolarità di Donald e ciò che colpiva di più era che i bianchi non prevalevano: questo elemento rappresenta la maggior iattura per Kamala Harris che si autocertifica come black senza averne propriamente diritto. Ma non si tratta di una questione di melatonina: gli americani neri non vogliono essere più discriminati da benefattori che capitalizzano il loro passato di vittime. E per questo è finita l’epoca in cui il GOP repubblicano era l’isola dei miliardari wasp (bianchi protestanti anglosassoni), dove i neri comparivano solo per servire drink e custodire soprabiti.

I due contendenti sono quasi alla pari, con una minuscola discesa di Trump che però non avvantaggia la Harris. È molto visibile nei grandi eventi come quello al Madison dove sia finito quel quinto di afroamericani che determinarono la vittoria di Joe Biden e che, dopo quattro anni di insoddisfazione, abbiano deciso di passare nel campo d’Agramante. È visibile perché le folle repubblicane sono sempre più colorate. Per riparare la lacerazione si muovono freneticamente Barack Obama e Bill Clinton. Per ora ci troviamo davanti ad un effetto di percezione che non coincide con i numeri e la stessa capitale sembra tutta di umore repubblicano e nei palazzi si disegnano organigrammi e liste di proscrizione. Molto visibile il tifo e Trump è sempre più teatrale. Ma nessuno può dire ancora che abbia vinto.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.