Per colpire l’Iran e annientare, o quantomeno ritardare di molto, il suo programma nucleare, i generali israeliani hanno studiato due operazioni distinte. Una è stata battezzata “Narnia”, in cui lo Stato ebraico ha ucciso i principali scienziati dell’atomo iraniano. L’altra, invece, è stata chiamata “Nozze rosse”, in cui sono stati uccisi tutti i massimi esponenti delle gerarchie militari e dei Pasdaran. Insieme ai raid sugli impianti nucleari, sulle basi, sui centri di comando, sulla tv di Stato e sulla contraerea, queste operazioni sono servite a infliggere a Teheran un colpo durissimo. Un modo per costringere l’Iran a rinunciare definitivamente al nucleare e tornare al tavolo negoziale da una posizione molto meno favorevole a quella in cui era nei mesi precedenti.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, in realtà, non ha mai avuto l’idea di accordarsi con la Repubblica islamica. Gli basta porre fine a qualsiasi sogno nucleare. Tuttavia, per Donald Trump l’obiettivo rimane l’intesa con la Guida suprema, Ali Khamenei. E sono in molti a credere che l’intervento Usa su Fordow, Natanz e Isfahan sia servito anche per far accettare a Bibi l’ipotesi di un nuovo accordo con l’Iran. The Donald ci crede, al punto che, secondo la Cnn, gli Stati Uniti avrebbero anche messo sul piatto 30 miliardi di dollari. Una cifra che servirebbe a Teheran per portare avanti un programma nucleare civile, mentre si parla anche di rimozione di sanzioni e sblocco di fondi congelati. Ma il presidente Usa ha frenato dopo che Khamenei ha rivendicato la vittoria nella guerra dei 12 giorni: “Gli ho salvato la vita da una morte molto brutta e vergognosa. E ricevo una dichiarazione di rabbia, odio e disgusto, e ho immediatamente interrotto ogni lavoro sulla revoca delle sanzioni, e altro ancora”. Sull’energia, è intervenuto anche l’ambasciatore iraniano presso le Nazioni Unite, Amir Saeid Iravani, che ad Al-Monitor ha spiegato che Teheran non esclude che l’uranio per le sue centrali venga arricchito con un “consorzio regionale operante sul territorio iraniano”. Ma intanto gli analisti si interrogano sulla nuova realtà del Medio Oriente dopo gli attacchi scatenati da Israele su Teheran.

La guerra ha modificato il peso dell’Iran. L’Asse della resistenza, quell’insieme di milizie coordinate dalle forze Quds dei Pasdaran, non si è sollevato in difesa dell’Iran né ha colpito lo Stato ebraico o le forze Usa. Khamenei, rinchiuso nel suo bunker, ha perso il suo peso politico. E il nucleare iraniano è molto più lontano dalla possibilità che produca un ordigno. Tuttavia, finora, gli analisti appaiono divisi. Il mistero dell’uranio arricchito di Fordow, che secondo alcuni funzionari dell’Intelligence Usa sarebbe stato rimosso prima degli attacchi, lascia dei dubbi sulla vera fine dei sogni atomici degli ayatollah. Inoltre, gli effetti della guerra potrebbero essere duplici. Da una parte, i colpi subiti dall’Iran potrebbero aprire la strada alla pacificazione su altri fronti.

Ieri il capo di Stato maggiore dell’Idf, Eyal Zamir, ha parlato di possibili conseguenze positive sulla guerra nella Striscia di Gaza. La Siria sta subendo pressioni sempre più forti per entrare negli Accordi di Abramo e normalizzare i rapporti con Israele. E secondo diversi media, l’autoproclamato presidente Ahmed al Sharaa (l’ex Al Jolani) sarebbe quasi convinto ad accettare il patto. Trump non ha mai nascosto il desiderio che quella piattaforma venga amplificata.

Ma resta il nodo da sciogliere della normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele. La guerra iniziata il 7 ottobre 2023 ha interrotto un processo che sembrava ben avviato. E il tycoon vorrebbe che il Principe Mohammed bin Salman riattivasse i canali della diplomazia. Ma a questo punto, gli equilibri regionali appaiono molto diversi rispetto a due anni fa. Con la guerra a Gaza, Riad è poco propensa a stabilire relazioni con lo Stato ebraico, anche per non perdere la sua leadership nel mondo arabo e musulmano. E sul tavolo ha già messo il riconoscimento dello Stato di Palestina. Inoltre, gli attacchi all’Iran hanno mostrato le debolezze degli ayatollah. E a questo punto – come ricorda il Wall Street Journal – con una Teheran priva di difese e senza nucleare, l’Arabia Saudita potrebbe avere meno interesse a blindare l’asse con Israele e gli Stati Uniti in chiave anti-iraniana. Riad vede la possibilità di aumentare il suo peso in Medio Oriente e accelerare sul rafforzamento delle sue difese. Mentre sullo sfondo resta il sogno del nucleare civile di Riad. Un sogno su cui Israele ha già messo il veto con gli Stati Uniti.