Yahya Sinwar, nominato leader supremo di Hamas dopo l’assassinio di Ismail Haniyeh a fine luglio, sarebbe ancora nascosto nei tunnel sotto la Striscia di Gaza di cui è accusato di essere l’ideatore. Questa settimana il ministro della Difesa Yoav Gallant ha giurato che Israele avrebbe ucciso Sinwar e suo fratello Muhammad, un comandante di alto rango dell’ala militare di Hamas; invece martedì Gal Hirsch – il referente ufficiale del governo per gli sforzi volti alla liberazione degli ostaggi detenuti a Gaza dall’organizzazione terroristica palestinese – ha affermato che sarebbe pronto a fornire un passaggio sicuro a Sinwar, alla sua famiglia e a chiunque voglia unirsi a lui, affinché abbandonino la Striscia se venissero liberati tutti gli ostaggi. “Vogliamo indietro gli ostaggi, vogliamo la smilitarizzazione, la deradicalizzazione di Gaza e che una nuova amministrazione gestisca l’enclave”, ha sottolineato Hirsch in un’intervista di due giorni fa a Bloomberg News.

Un nuovo fronte terroristico

Per anni la strategia di Israele è stata quella di arginare e neutralizzare i proxy iraniani senza coinvolgere direttamente l’Iran, limitandosi a intervenire sul suolo iraniano solo per ostacolare le ambizioni nucleari di Teheran prendendo di mira varie strutture militari e scienziati. Ma non starebbe funzionando del tutto perché la Repubblica islamica ha aumentato la sua scorta totale di combustibile nucleare altamente arricchito, e l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) sostiene che in questo paese sia prossimo a diventare una potenza nucleare. In sostanza l’Iran starebbe piantando i semi per un nuovo fronte. Recentemente il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha scritto su X che “la piovra terroristica iraniana sta lavorando per stabilire un fronte terroristico orientale contro Israele e gli stati moderati della regione”. Katz sostiene che “è arrivata l’ora di tagliare i tentacoli della piovra”. Il riferimento era all’escalation in Cisgiordania, nota anche con gli antichi nomi di Giudea e Samaria, dove l’atmosfera cupa e minacciosa contro Israele si è ulteriormente addensata e recenti video pubblicati sui social mostrano militanti armati con bandiere dell‘Isis e di Hamas. L’Intelligence israeliana ha documentato, con testimonianze dirette e con foto e video, che i campi profughi di Jenin sono gestiti da organizzazioni terroristiche eterodirette dall’Iran.

L’obiettivo dell’esercito israeliano in Cisgiordania è di riportare la governance a Jenin, a Tulkarem e in altre città dove l’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha perso la sua presa, per impedire che tutte le altre città della Cisgiordania finiscano nelle mani di Hezbollah, di Hamas e di altre fazioni fondamentaliste islamiste. In questa regione vi è stata una lenta e costante escalation del terrorismo parallelamente al costante indebolimento dell’amministrazione di Mahmoud Abbas. I sentimenti jihadisti esistevano già prima del conflitto tra Israele e Hamas, ma la differenza fondamentale ora è che in Cisgiordania sono stati fatti affluire un fiume di armi e miliziani filoiraniani. Armi pesanti, provenienti dall’Iran, vengono incanalate attraverso l’Iraq e la Siria e contrabbandate tramite la Giordania.

Negli ultimi anni, al cosiddetto “asse della resistenza” si sono unite le milizie paramilitari sciite irachene che fanno parte delle Unità di mobilitazione popolare – denominate Kataib Hezbollah (KH) – strettamente collegate a quelle degli Houthi dello Yemen e altri numerosi gruppi armati sciiti dell’Afghanistan. L’Autorità nazionale palestinese non è in grado di controllare la situazione. Nelle ultime tre settimane sono stati inviati in Cisgiordania anche numerosi attentatori suicidi palestinesi, due dei quali sono esplosi prima del previsto, e altri kamikaze sono stati neutralizzati dal Mossad che ha intercettato le loro comunicazioni con i pasdaran. L’influenza dei guardiani della rivoluzione in Giudea e Samaria è andata crescendo. Tre civili israeliani sono stati uccisi in una sparatoria al valico di Allenby, al confine tra Cisgiordania e Giordania, lo hanno denunciato domenica le autorità israeliane. L’uomo armato – originario della Giordania – ha compiuto l’attacco in un’area di carico commerciale che era sotto il controllo israeliano, dove i camion giordani scaricavano le merci dirette nella West Bank.

La strategia di Teheran

Diversi istituti di ricerca, come la Fondazione per la difesa delle democrazie (FDD) di Washington, confermano quanto rilevato dall’Intelligence americana e israeliana: l’Iran sta lavorando per destabilizzare il Regno di Giordania e sfruttare la simpatia che molti in Cisgiordania hanno verso i civili di Gaza, nonché per armarli e creare più fronti in un “anello di fuoco” contro Israele. La strategia di Teheran sarebbe quella di un lento approccio di “morte attraverso mille tagli” nei confronti di Israele. Intanto a Nord, al confine con il Libano, la probabilità di una guerra totale tra Israele ed Hezbollah è aumentata, con il primo ministro israeliano che domenica ha ordinato all’esercito di prepararsi a “cambiare lì la situazione”. Hezbollah avrebbe puntato verso Israele 150mila missili e razzi.