Nel Si&No del Riformista, spazio al dibattito sulle parole di Giuliano Amato circa la strage di Ustica. Secondo Luigi Marattin di Italia Viva è stato opportuno fare chiarezza: “Il suo intento non era quello di fornire nuove prove, ma dar vita ad un’iniziativa storica – del tutto separata dall’attualità politica – che faccia sì che coloro che sanno possano finalmente parlare, e coloro che conservano le prove (se ancora ve ne sono) le possano finalmente esibire”. Di diverso avviso il giornalista e scrittore Paolo Guzzanti, secondo cui: “Amato non sempre dà peso a quel che dice e che fa e gioca a palla con la verità”, ricordando che “Molte delle accuse di Amato sono state provate false dai magistrati che hanno escluso la teoria del missile” e che “I francesi, allora come oggi, hanno escluso che qualsiasi loro aereo fosse in volo nel momento del disastro”.

Di seguito il commento di Luigi Marattin

Occorre a mio avviso fare due premesse essenziali, che sono anche due condizioni per poter proseguire il ragionamento. La prima. La storia dell’Italia repubblicana dal 1969 al 1993 è costellata di eventi tragici per cui l’azione giudiziaria non ha individuato precise ed esaustive responsabilità o lo ha fatto in modo largamente incompleto o addirittura successivamente riconosciuto come fallace. Dalla strage di Piazza Fontana agli attentati del 1993, passando per Piazza della Loggia, il caso Moro, l’Italicus, la strage di Bologna e – 35 giorni prima di essa – la strage di Ustica. Per la grande maggioranza di questi eventi l’analisi storica concorda nell’individuare come contesto generale la peculiare situazione dell’Italia all’indomani della seconda guerra mondiale: un paese le cui caratteristiche geografiche (una “doppia frontiera”: tra Est e Ovest, e tra mondo occidentale e mondo arabo), e quelle politiche (la presenza del più forte partito comunista del mondo occidentale) lo resero il territorio su cui la Guerra Fredda assunse temperature meno rigide.

Se invece ci si ostina a considerare tutto questo alla stregua dei cialtroneschi dubbi di Carlo Sibilia sullo sbarco sulla Luna (dimenticando ad esempio che a bollare come fandonie gran parte della ricostruzione su quanto accadde a Moro non è stato napalm52 su Twitter, ma il Parlamento italiano all’unanimità nel 2017, sulla base del lavoro della commissione presieduta da Fioroni), allora meglio non proseguire nel ragionamento.

Stessa cosa vale per la seconda premessa. Gli avvenimenti di cui sopra non fanno parte dell’attualità politica, e non influiscono (o non dovrebbero) sullo stato presente e futuro dei rapporti internazionali e politici: fanno parte della Storia. E fare chiarezza sulla nostra storia recente non è argomento su cui ci si dovrebbe dividere, magari per utilizzare i risultati come arma nella contesa politica di oggi e di domani, nazionale o internazionale che sia. Se non si condivide questo grado di separazione, o se si ritiene non sia passato sufficiente tempo da quegli eventi, il discorso che sto per fare perde significato.

L’azione giudiziaria su Ustica ha accertato alcuni fatti. Negli istanti successivi alla caduta, la rotta del DC9 fu attraversata da uno o due velivoli militari, avvistati da un aereo dell’Aereonautica Militare Italiana che lanciò un segnale di allarme generale, e i cui due piloti morirono nell’incidente delle Frecce Tricolori a Ramstein pochi giorni prima di essere ascoltati dall’autorità giudiziaria. È stato poi accertato (nonostante le manipolazioni dei tracciati radar) che quella sera vi fossero numerosi caccia militari in volo nel Mar Tirreno, appartenenti a diverse nazionalità. L’ipotesi della bomba è stata ragionevolmente esclusa sia per ragioni di tempo (il volo aveva due ore di ritardo) sia perché è stata ripescata pressoché intatta la tavoletta del water sotto cui, secondo quella tesi, la bomba sarebbe stata collocata. Infine, le sentenze definitive hanno assolto alcuni generali dell’Aereonautica italiana dall’imputazione di alto tradimento.

Fin qui i fatti accertati, a cui vanno aggiunte una impressionante serie di morti o suicidi di personale militare italiano che era in servizio quella notte. Su cui ovviamente non esistono prove di alcun genere. Sia l’allora presidente del Consiglio (Francesco Cossiga, nel 2008) che, ora, l’allora sottosegretario alla Presidenza (Giuliano Amato, pochi giorni fa) hanno dichiarato che erano venuti a conoscenza di una responsabilità diretta della Francia. Chi pretende l’esibizione di prove, dimentica tre cose: che operazioni coperte di questo genere non lasciano, per loro natura, tante prove; che molte di esse, qualora esistenti, sono state distrutte; e infine che anche qualora esistesse ancora qualche riscontro oggettivo esso non può per definizione essere nelle disponibilità degli italiani, ma degli stati esteri che sono stati indicati come presunti responsabili dell’azione.

C’è anche chi invalida le riflessioni di Amato perché “doveva parlare prima”. Curiosa posizione: quindi siccome sui misteri italiani finora non ha parlato nessuno, allora fino alla fine dei tempi dovremo rimanere così, perché chiunque si faccia avanti verrà sempre apostrofato con un netto “zitto, arrivi tardi”, senza ascoltarlo. C’è anche chi contesta l’intervista, invitandolo a parlare con i magistrati.

Io penso che l’intento di Amato non fosse fornire nuove prove (vedi sopra), ma dar vita ad un’iniziativa storica – del tutto separata dall’attualità politica – che faccia sì che coloro che sanno possano finalmente parlare, e coloro che conservano le prove (se ancora ve ne sono) le possano finalmente esibire. La verità è che forse non siamo ancora pronti a guardare a tutto questo con l’occhio della Storia, e non della politica. Ma gli 81 morti di Ustica – e le centinaia dei tanti misteri italiani – chiedono verità. E un paese che non ha verità sul proprio passato, non sarà mai in grado di costruire davvero il futuro.