Tutto è cominciato il 15 aprile del 1986 quando Gheddafi diede l’ordine di lanciare un attacco missilistico in risposta a un bombardamento degli Stati Uniti in Libia. I razzi SS-1 Scud lanciati dai libici dovevano colpire l’installazione militare Loran ma finirono invece in mare. Così a novembre dello stesso anno la 134esima squadriglia dell’Aeronautica Militare venne dotata del sistema radar AN-FPS-8. E sarebbe stato proprio il sistema a onde elettromagnetiche ha provocare prima il tumore e poi la morte dei vigili del fuoco come sostiene il portavoce Uilpa di Agrigento Antonio Di Malta.

Oggi il sindacato chiede un’indagine epidemiologica per scoprire le cause dei tumori senza però ricevere alcuna risposta tanto da invocare lo stato di agitazione a livello provinciale. Di Malta – in una lettera inviata al prefetto di Agrigento, Maria Cocciufa, al capo dipartimento, Laura Lega, al capo del corpo dei Vigili del Fuoco, Giulio Parisi, e all’ufficio di coordinamento delle attività sanitaria e di medicina legale -, ha espresso le sue preoccupazioni legate alle morti di dodici persone che hanno lavorato all’interno della caserma, dal 1986 a oggi, decedute dopo essersi ammalate di tumore e malattie cardiache. Sarebbero molti inoltre i casi di persone che hanno avuto problemi di salute seri.

A far sorgere i dubbi al segretario Di Malta è la posizione del radar attivo dal 1986 fino al 1998, che dista circa 400 metri dall’attuale sede della caserma aeroportuale dei Vigili del Fuoco di Lampedusa: “Nel periodo in cui era operativo il radar si assisteva a un elevato numero di eventi anomali: interruzioni telefoniche, improvvisi blackout televisivi. In quel periodo, il personale accusava, spesso, forti emicranie, scomparsi quando il radar è stato smantellato”.

“Avevamo chiesto di mettere in atto verifiche medico-amministrative attraverso un’indagine sanitaria ma non abbiamo ricevuto risposta – spiega Di Malta -. Siamo rammaricati e increduli per il silenzio dell’amministrazione in merito ad un problema che sta creando grande preoccupazione”.

Riccardo Annibali

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