Il deputato dell’opposizione fende il Transatlantico con un sorriso storto: “Devono (quelli della maggioranza, ndr) fare almeno tre corsi accelerati: economia e finanza; procedura parlamentare e già che ci sono anche di latino. Tra septies, quinques, quater sono andati in tilt…”. Visto che è del Pd il deputato potrebbe anche essere soddisfatto. Ma è la legge di bilancio il testo cui la maggioranza si è intrecciata. E a questo punto il cenone del 24 sera è entrato in zona rischio per molti di loro.

Quando tutto si blocca per l’ennesima volta da venerdì scorso, sono le 18 del 22 dicembre, i lavori in aula riprenderanno – forse – alle 20. Significa che se va tutto “bene” solo a quell’ora sarà messa la fiducia e solo dopo 24 ore sarà votata. Si arriva così alle ore 20 del 23 sera. Poi c’è la chiama, la discussione e votazione di 230 ordini del giorno, le dichiarazioni di voto e il voto finale. Anche il personale della buvette trema. Molto soddisfatto, invece, il nuovo gestore della tabaccheria interna della Camera dei deputati: aveva preparato vari gadget personalizzati della Camera dei deputati e sono volati via. “Hanno cominciato a chiedere dieci pezzi di uno, dieci dell’altro, non possono uscire a fare regali…”.

Anche la deputata di maggioranza scrolla la testa tra il colonnato che separa l’aula dal Transatlantico: “Diciamo che non ci stanno aiutando…”. Chi scusi? “Gli uffici, le segreterie, il Mef, la ragioneria, i gabinetti dei vari ministeri…”. Complotto, complotto. Il risultato è che ieri mattina, quando i calcoli di palazzo Chigi avevano previsto che sarebbe stata messa la fiducia intorno alle 11, è arrivata invece una nota della Ragioneria dello Stato con ben 44 rilievi su 170 articoli. Si tratta di commi e sottocommi – i bis, ter e septies che il presidente della Bilancio Giuseppe Mangialavori legge di fila in aula che sembra uno scioglilingua – di articoli non chiave ma molto mediatici nelle ultime ore, oggetto di infinite discussioni. La Ragioneria dice che mancano i soldi, le famose coperture. Per lo smartworking, ad esempio: come si pagano i supplenti degli insegnanti che staranno a casa perché genitori di fragili? La Carta cultura: la Ragioneria osserva che è vero che sono previsti i fondi per il 2024 e che per il 2023 saranno gli stessi del 2022, ma, banalmente, dove sono soldi per il 2023? Stai a vedere che alla fine ha ragione Renzi.

E allora però lo devono spiegare anche alla premier Meloni che mercoledì si è spesa con un post assertivo sulla Carta cultura per i giovani. Fa quasi tenerezza la scena in cui – siamo a metà pomeriggio – il presidente della Bilancio Mangialavori deve leggere quattro distinte volte “il perimetro delle norme per cui dobbiamo tornare in Commissione”. Con tutti quei septies e quinques non si raccapezza più nessuno. Il presidente di turno dell’aula, Giorgio Mulè deve richiamare tutta la sua esperienza e sangue freddo per uscire dall’imbarazzo. E deve richiamare all’ordine per ben due volte il deputato Osnato (Fratelli d’Italia). Se le dicono tra di loro, Fratelli contro Azzurri, leghisti contro tutti. “Una parola sola: inadeguati”, dice il deputato Pd. Si risente la deputata di Fratelli d’Italia: “Ho fatto tante leggi di bilancio e io stesso non ho mai visto un attivismo così solerte degli uffici del Mef della Ragioneria e dei ministeri… non ricordo in tanti anni una produzione di fogli e carte così copiosa. E allora è capitato che qualcuno di noi si è confuso”.

La manovra sarà approvata, alla fine e in qualche modo. Ma ieri nella discussione generale in aula è stato evidente quanto lo slogan della campagna elettorale di Giorgia Meloni, “Pronti”, si sia trasformato in un boomerang. E se il ministro Giorgetti ascolta ma anche no seduto nei banchi del governo le critiche delle opposizioni abituato a quasi trent’anni di leggi di bilancio, i deputati di Fratelli d’Italia, molti dei quali giovani e inesperti, reprimono a fatica la voglia di rispondere in qualunque modo agli sberleffi delle opposizioni. “Pronti? Sì, per andare a sbattere però…” dice Grimaldi dell’Alleanza Verdi e sinistra. Il verde Bonelli, che gli siede vicino, ancora deve digerire quel blitz notturno che gli hanno fatto sotto il naso la notte tra martedì e mercoledì quando il deputato laziale di Fratelli d’Italia Angelo Rossi ha infilato nella legge di bilancio la norma ammazza-cinghiali. È una roba su cui la stampa estera sta chiedendo approfondimenti. In pratica, siccome nei centri urbani è frequente trovare cinghiali che razzolano nei pressi dei cassonetti, d’ora in poi si potrà sparare, uccidere e anche mangiare se il veterinario darà l’ok. È sicuramente materiale utile per comici e caricaturisti.

Ma è una polpetta indigeribile per i Verdi. E poi, che c’entra con la legge di bilancio la caccia libera agli ungulati? Si tengono con difficoltà, tra i banchi di Fratelli d’Italia, quando Maria Elena Boschi (Iv-Azione-Renew europe) fa una lunga citazione circa “l’assenza di democrazia” e “l’umiliazione del Parlamento”: ma sono le parole dell’intervento di Giorgia Meloni ai tempi delle manovre del Conte 1 e Conte 2. Ne ha fatte di ogni genere la maggioranza Meloni in questa sessione di bilancio: blindata la parte Draghi, i 21 miliardi contro inflazione e caro energia (motivo per cui Bruxelles ha promosso la legge di bilancio, grande orgoglio di Giorgetti), sul resto sono andati avanti con mance e marchette, hanno ridotto il “fondino” del Parlamento a 200 milioni (mai così pochi) e si sono presi alcuni emendamenti delle opposizioni e li hanno ripresentati come propri. “Uno scippo, di idee e soldi” gridano dall’emiciclo sinistro.

Gli unici che gongolano veramente in questa valle di lacrime che è la Camera dei deputati, sono gli azzurri, Forza Italia. Sono pochi, finora un po’ bistrattati ma hanno portato a casa tutto quello che volevano: pensioni minime più alte; decontribuzione per gli under 35 più alta; il rinvio del Superbonus 110% al 31 dicembre; la norma Lotito che salva le società sportive morose a cominciare dai grandi club calcistici. C’è un regista di questo successo. Si chiama Roberto Pella, è sindaco di un piccolo comune piemontese (Valdengo), in Forza Italia da sempre, ha fatto notte e giorno in commissione ad ascoltare tutti, maggioranza ed opposizione, merito di anni in Anci a mediare e trovare soluzioni. Nulla a che vedere con “l’arroganza” degli ultimi arrivati.

Si parla di “assenza” del governo nel senso che il ministro Luca Ciriani e i sottosegretari (inesperti) si sono fatti vedere poco e male. Un tempo, si racconta, “la Castelli aveva in testa ogni voce di spesa e la Bergamini rispondeva di ogni articolo”. I loro successori sono ancora inesperti. E il sottosegretario Freni (Lega, Mef) è sembrato distante anni luce dal ministro Giorgetti. Ancora di più dalla Ragioneria. Così se il novello Cavour Roberto Pella ha saputo tenere calme le opposizioni, non ha potuto però fare nulla per i tanti articoli approvati ma poi cassati perché senza coperture. I 450 milioni per i Comuni. Ma anche i fondi per i Pronto soccorso (saltano gli anticipi per le indennità) e i 10 milioni per il Piano oncologico nazionale.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.