Questo è un investimento da parte del Consiglio d’Europa, di cui il CPT è un organismo di monitoraggio, nella costruzione di uno Stato di Diritto sempre più forte. Perché allora lasciarlo sotto utilizzato? Perché non provvedere subito alla sua traduzione e diffusione, intanto negli istituti oggetto della visita e poi anche negli altri?

Mi chiedo se davvero lo Stato italiano non abbia a disposizione quelle risorse – parliamo di qualche migliaio di euro al massimo – per assicurare la traduzione ufficiale di un testo che dovrebbero conoscere tutti, dal Governo a partire dai suoi Ministri competenti, ai parlamentari, perché ne facciano uno strumento della loro attività.

Ma soprattutto da parte del personale che lavora in carcere e dei detenuti, così come da parte degli avvocati e di tutti quei cittadini interessati a conoscere in che condizioni versano le carceri del proprio paese.

Trovo infine paradossale che proprio chi ha fatto della trasparenza un fiore all’occhiello del proprio mandato politico non abbia ancora attivato la procedura di pubblicazione automatica dei rapporti del CPT, vincolati – come sono ancora in Italia – all’autorizzazione alla pubblicazione da parte del Governo.

Marco Pannella aveva fatto del diritto alla conoscenza l’impegno prioritario dell’ultima parte della sua vita, consapevole che costituisse l’antidoto al degrado dello Stato di Diritto e, quindi, alla violazione di diritti umani fondamentali soprattutto nei luoghi di privazione della libertà personale.