Il piccolo è nato prematuramente ai primi di dicembre all’ospedale di Melegnano a Sud di Milano. La sua mamma e il suo papà hanno deciso di non riconoscerlo: Sabrina e Michael, rispettivamente 24 e 29 anni, si amano ma non hanno un tetto sotto cui dormire. Vivono in strada e per questo motivo hanno deciso di rinunciare al loro bimbo appena nato: “Come si fa a tenere un neonato in questa situazione?”, raccontano al Corriere della Sera. E sperando per lui un futuro migliore della vita di stenti che gli avrebbero potuto offrire i due giovani genitori naturali, hanno fatto sì che potesse essere adottato.

Appoggiati in un rifugio improvvisato nella stazione della metropolitana. Così vivono i due su un letto fatto di cartoni e degli ombrelli aperti come tetto. Invisibili al viavai di persone che passa di là. Il Corriere racconta che i due vengono da un piccolo centro vicino Cagliari. Per un periodo hanno vissuto in Germania, una vita “normale” fatta di casa e lavoro. “Lui lavorava come pizzaiolo dentro una fabbrica della Volkswagen, e io facevo lavoretti in nero, stavamo bene”, racconta lei. Poi qualcosa è andato storto e i due sono finiti in carcere. “Avevamo dei debiti – racconta la ragazza – però lì in prigione ti danno tutto e pure un po’ di soldi”.

Poi il foglio di via e sono finiti a Milano. “Non abbiamo documenti e quindi non possiamo fare niente”, spiegano. Raccontano di una vita alla giornata, come bloccata e sospesa nel nulla senza possibilità di sbocchi. “Dovremmo andare a rifare tutto nel nostro Comune di residenza — dice la ragazza — ma chi ce li ha i soldi per andare fino in Sardegna? Qualcuno mi dice che mi pagherebbe il biglietto, ma io non credo che una persona normale poi ci paghi anche il ritorno e in Sardegna non ci vogliamo restare, perché lì non c’è proprio niente per noi”.

Così se ne stanno nella metro alternando qualche giro in centro cercando di racimolare qualche soldo e qualche bicchiere per sopportare il freddo. Sabrina racconta del suo grande sogno: “Fare l’anatomopatologa, sin da piccola disegnavo benissimo i corpi umani”. Ma il sorriso si fa amaro un istante dopo, quando allontana persino l’idea di rimettere in carreggiata la sua vita, che a 24 anni le sembra già persa: “Vorrei un lavoro, ma chi se la prende una come me?”. Racconta di un passato buio e di sofferenza psicologica. Era seguita dai servizi psichiatrici in Sardegna. Racconta anche di essere ricorsa all’interruzione volontaria di gravidanza quando era ancora minorenne. “E pure questa volta l’avrei fatta se mi fossi accorta di essere incinta – dice- ma da tre anni non avevo più il ciclo, quindi proprio non mi sono resa conto”.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.