X cambia ancora. Anzi, vista la progressiva mutazione della piattaforma impressa dalla gestione Musk-Yaccarino, è il caso di dire che anche X sceglie di seguire Meta e aprire alle inserzioni politiche ed elettorali, in vista delle elezioni presidenziali statunitensi del 2024. Eravamo a novembre del 2019 e Twitter le aveva bandite a livello globale, perché come dichiarava all’epoca il suo fondatore e amministratore Jack Dorsey “la portata del messaggio politico deve essere guadagnata non acquistata”.

In verità, il divieto alla pubblicità politica fu in parte deciso anche per limitare la perdita di reputazione della piattaforma, che intanto mostrava i primi segnali di crisi, dopo lo scandalo di Cambridge Analytica che aveva coinvolto Facebook subito dopo la campagna che portò all’elezione di Donald Trump alla presidenza Usa.

L’altro giorno, invece, è arrivato l’annuncio ufficiale postato sul blog aziendale che potrebbe avere conseguenze per nulla marginali: “basandoci sul nostro impegno per la libertà di espressione, consentiremo anche la pubblicità politica. A partire dagli Stati Uniti, continueremo ad applicare norme specifiche ai post politici promossi a pagamento. Ciò includerà il divieto di promuovere contenuti falsi o fuorvianti, tese a minare la fiducia del pubblico nelle elezioni, cercando al contempo di preservare un discorso politico libero e aperto”. Tra le altre misure previste e annunciate da X con l’obiettivo di garantire la massima partecipazione al dibattito politico, “aggiungeremo etichette visibili pubblicamente ai post identificati come potenzialmente in violazione della politica di integrità civica, facendo sapere alle persone quando la loro portata è stata limitata”, un accorgimento, del resto che già introdotto massicciamente da tutte le big tech a partire dal conflitto russo – ucraino proprio per limitare la disinformazione e le fake news.

A prescindere dalla molteplicità di motivazioni che hanno indotto Elon Musk ad eliminare il divieto per sfruttare il volano della polarizzazione elettorale, che gira già a buon ritmo, è qui interessante iniziare a valutare le conseguenze che questa scelta potrà avere anche in Europa. Il 2024, infatti, non è solo l’anno delle presidenziali al di là dell’Atlantico, ma ancor prima è anche l’anno delle elezioni del Parlamento Europeo, proprio perché da questa parte dell’oceano voteremo il 9 giugno, quindi cinque mesi in anticipo rispetto ai cittadini americani che andranno alle urne a novembre.

Adesso, considerando il sistema elettorale con il quale sceglieremo gli eurodeputati è di tipo proporzionale, ben diverso da quello in vigore per le elezioni politiche, e che partiti e candidati dovranno confrontarsi con la vastità delle circoscrizioni elettorali, con collegi pluriregionali con almeno dieci milioni di elettori, è chiaro che diventa una questione di vita o di morte riuscire a rastrellare anche l’ultimo voto disponibile. Anche perché, è almeno un decennio oramai che in ogni tornata elettorale il primo partito risulta essere quello dell’astensione e le elezioni europee sono in assoluto quelle meno coinvolgenti per i cittadini.

Considerato che Musk ha tutto l’interesse ad estendere anche ad altri Paesi il ripristino della propaganda politica a pagamento su X, è facile comprendere come questa novità potrebbe rivelarsi per i candidati e i partiti in cerca di nuovi consensi una soluzione per guadagnarsi un posto al sole e raggiungere una fetta di cittadini online, oggi preclusa. Per quanto il social sia crollato nelle scelte di preferenze degli internauti – gradito mensilmente solo dal 26,4% degli italiani connessi alla rete – e con una platea di poco più di 12 milioni di iscritti – stando alle ultime stime non ufficiali – X con i post a pagamento potrebbe diventare una valida soluzione da affiancare alla strategia sponsorizzazioni su Instagram e Facebook. Ovvio, per mettersi in gioco e sfruttare la portata a pagamento del post è necessario prima di tutto essere credibili per gli utenti, altrimenti la sponsorizzazione ci restituisce indietro solo un’audience fatta di rabbia e di rancore.

Avatar photo

Domenico Giordano è spin doctor per Arcadia, agenzia di comunicazione di cui è anche amministratore. Collabora con diverse testate giornalistiche sempre sui temi della comunicazione politica e delle analisi degli insight dei social e della rete. È socio dell’Associazione Italiana di Comunicazione Politica. Quest'anno ha pubblicato "La Regina della Rete, le origini del successo digitale di Giorgia Meloni (Graus Edizioni 2023).