Le baby pensioni introdotte 50 anni fa crearono un buco nel sistema previdenziale stimabile in circa 130 miliardi a valori attuali, e sono state un pesante gravame sui bilanci pubblici e sui redditi netti dei lavoratori per due generazioni. Lo scandaloso bonus previdenziale di allora impallidisce di fronte agli scellerati bonus immobiliari di oggi, che stanno creando un danno di oltre 170 miliardi alle casse dello Stato, con in più la beffa di avere indotto fenomeni inflattivi ed effetti regressivi.

Le parole del ministro Giorgetti sulla “scontata” procedura di infrazione che l’Italia subirà da parte della Commissione Europea a causa dei critici numeri di bilancio sul deficit e sulla traiettoria di riduzione del debito non potevano certo cambiare il quadro strutturale della finanza pubblica. Qualche tensione si comincia infatti a notare anche sullo spread dei titoli di stato, che pur essendo al di sotto dei picchi di ottobre 2023, quando superò i 200 punti, ha subito registrato i segnali di nervosismo che si colgono tra gli analisti finanziari in attesa del Documento di Economia e Finanza (DEF) promesso dal Governo entro la prima decade di aprile.

Giorgetti ha promesso un documento “snello”, ma forse voleva dire “magro”, come il sottostante bilancio previsionale che dovrà necessariamente descrivere; il DEF deve contenere le necessarie assunzioni e proiezioni economiche per delineare le politiche fiscali dell’esecutivo per il prossimo periodo, e la revisione delle prospettive ottimistiche contenute nella NADEF e nella legge di bilancio, sia sulla crescita che sul deficit. A creare qualche interrogativo tra gli analisti finanziari è anche la situazione della liquidità, che già si temeva, al momento dell’ultima NADEF, potesse finire sotto stress nel 2024, ma che oggi, con la scoperta degli ulteriori buchi di gettito fiscale generati dai bonus edilizi e un quadro dei tassi di interesse che sembra dover rimanere restrittivo più a lungo delle precedenti, ottimistiche attese, desta più di qualche preoccupazione.

A innescare le crisi finanziarie, ricordiamolo, non è immediatamente il debito troppo alto, bensì la pressione sulla liquidità, in un momento in cui ricorrere al mercato per aumentare ulteriormente i piani di emissione di titoli di stato, magari da piazzare ancora direttamente al mercato retail, è costoso e manderebbe segnali di incertezza particolarmente rischiosi in questa delicata fase di transizione. La strada maestra rimane quella di affiancare alle scelte di politica fiscale anche un credibile piano di riforme che rimetta in modo il motore della crescita. Va bene il DEF snello, ma all’Italia servono riforme robuste e veloci.

Carlo Alberto Carnevale Maffè

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