Equilibri precari
Zelensky-Trump, intesa sulla difesa aerea dopo il blocco dei Patriot e il bombardamento di Putin
Un’altra notte di terrore a Kyiv: lanciati razzi e centinaia di droni da Mosca dopo la chiamata tra Putin e il tycoon. Ieri al telefono c’era il presidente ucraino. Accordo sulla protezione dei cieli dopo il no degli Usa all’invio di missili
La telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin non è andata come aveva previsto, o forse solo sperato, il presidente degli Stati Uniti. Lo aveva ammesso lo stesso tycoon subito dopo la conversazione, quando aveva detto di essere “deluso” dal presidente russo, che “non ha alcuna intenzione di fermare la guerra”. Ma poi la conferma è arrivata direttamente dal campo di battaglia.
Nella notte tra giovedì e venerdì, quindi a poche ore dalla fine del colloquio tra i due leader, le forze di Mosca hanno fatto piovere sull’Ucraina il più alto di numero di droni e missili dall’inizio della guerra. Secondo l’aeronautica di Kyiv, i russi avrebbero lanciato 539 droni, in larga parte Shahed di fabbricazione iraniana, e 11 missili di vario tipo. E proprio la capitale è stato il principale obiettivo dell’attacco aereo. Il sindaco, Vitali Klitschko, ha parlato di esplosioni in diversi quartieri della città, con 23 feriti di cui 14 portati in ospedale. E al governo ucraino è sembrato chiaro il messaggio inviato dal Cremlino, come del resto era stato chiaro quanto detto da Mosca dopo la telefonata tra il presidente russo e quello statunitense, e cioè che avrebbero raggiunto comunque tutti gli obiettivi della guerra.
“Subito dopo che Putin ha parlato con il presidente Trump. E lo fa apposta” ha scritto il ministro degli Esteri ucraino Andriy Sybiga. “Basta aspettare! Putin mostra chiaramente il suo totale disprezzo per gli Stati Uniti e per chiunque abbia chiesto la fine della guerra” ha continuato il ministro, che ha anche accusato il Cremlino di avere trascinato in guerra Corea del Nord, Iran e Cina con truppe e tecnologie di questi Paesi. Mentre il presidente Volodymyr Zelensky ha affermato che, con questo attacco, Mosca “ha dimostrato ancora una volta che non intende porre fine alla guerra e al terrore”. E poche ore dopo, a essere colpita è stata Kryvyi Rih, città natale dello stesso presidente ucraino.
I raid e le forniture militari, soprattutto quelle per la difesa aerea, sono stati al centro anche del colloquio che Zelensky ha avuto ieri con Trump. Una conversazione “molto importante e significativa”, così l’ha definita il consigliere presidenziale ucraino Andriy Yermak. E i due leader, secondo quanto affermato dallo stesso presidente ucraino, hanno concordato di lavorare insieme “per rafforzare la protezione dei nostri cieli”, auspicando il raggiungimento di “un accordo di pace nobile”. L’impegno di Trump per aiutare di più l’Ucraina sulla difesa aerea è stato confermato anche dai media Usa, in particolare da Axios. Un’idea che, però, non arriva solo dopo l’altro colloquio, quello tra il tycoon e Putin (con una tempistica che fa capire l’attenzione data dalla Casa Bianca al Cremlino). Trump e Zelensky, infatti, si sono sentiti soprattutto dopo il blocco da parte del Pentagono all’invio di alcune armi fondamentali per l’arsenale ucraino, in particolare i missili Patriot per difendersi dagli attacchi aerei. E questo appare in contraddizione con l’impegno assunto nell’ultimo colloquio. Inoltre, sul tavolo resta ancora il tema dell’accordo tra Kyiv e Washington per le risorse ucraine.
Un patto fortemente voluto da The Donald come forma di ricompensa per gli aiuti militari all’esercito del Paese invaso, e che continua a essere uno dei pilastri dell’agenda americana su quel fronte. Dossier fondamentali, che faranno parte anche del vertice della “Ukraine Recovery Conference” che si terrà a Roma il prossimo 10 luglio. Per l’apertura del summit ci saranno i discorsi della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del ministro degli Esteri Antonio Tajani, e prenderanno la parola anche Zelensky e sua moglie Olena, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il cancelliere tedesco, Friedrich Merz e il primo ministro polacco Donald Tusk.
Successivamente sono previsti poi gli interventi di altri capi di Stato e di governo, tra cui il presidente francese Emmanuel Macron e il premier britannico Keir Starmer. E il summit, che vedrà la partecipazione di un centinaio di delegazioni ufficiali, servirà non solo a fare il punto sui piani di ricostruzione dell’Ucraina, ma anche sul futuro della cosiddetta “coalizione dei volenterosi”.
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