Il regalo a Vlad
Guerra in Ucraina, Trump disarma Zelensky, incubo resa per Kiev: “l’interesse nazionale americano” manda in paradiso Putin
Il futuro di Zelensky dipende dagli aiuti dall’esterno. Ma per Washington la questione va letta solo da un unico punto di vista: quello dell’interesse nazionale. Ovviamente declinato nella visione Maga

Donald Trump non ha mai nascosto il suo scarso interesse verso il sostegno all’Ucraina. Lo aveva messo in chiaro già prima del suo arrivo alla Casa Bianca, quando lui e i suoi fedelissimi avevano accusato il predecessore Joe Biden di avere speso soldi pubblici in una guerra ritenuta errata. E ha confermato questa linea anche quando è tornato a essere presidente degli Stati Uniti, al punto da avere usato proprio la leva dello stop agli aiuti per riportare Volodymyr Zelensky a più miti consigli nella fase di maggiore tensione tra Kyiv e Washington.
Una strategia che per l’Ucraina rappresenta un’enorme spada di Damocle. Poiché Kyiv, specialmente in alcuni settori della propria difesa, dipende dagli aiuti dall’esterno. Ma per Trump, la questione va letta solo da un unico punto di vista: quello dell’interesse nazionale. E questo, declinato nella sua visione “Maga”, significa che prima vanno valutato i costi immediati per Washington e poi le eventuali ricadute sull’esterno. Un mantra certificato ieri dall’annuncio con cui la Casa Bianca ha detto di volere sospendere alcune spedizioni di armi concordate durante la precedente amministrazione. La mossa era stata approvata già all’inizio di giugno. Ma adesso rischia di provocare un nuovo terremoto all’interno del governo e delle forze armate ucraine. Formalmente, fino a ieri pomeriggio, nessuno aveva a ancora inviato una nota ufficiale a Kyiv. Tuttavia, dopo le indiscrezioni iniziate a circolare già martedì, è stata la stessa Casa Bianca a fornire una conferma di quanto stava avvenendo nelle stanze del Pentagono.
“Questa decisione è stata presa per mettere al primo posto gli interessi americani, a seguito di una revisione del Dipartimento della Difesa sul supporto e l’assistenza militare della nostra nazione ad altri Paesi in tutto il mondo”, ha dichiarato la vice portavoce Anna Kelly. E le parole della funzionaria sono in linea con le rivelazioni di Politico, che aveva detto che l’intenzione di Washington era quella di bloccare le forniture all’Ucraina per paura che gli arsenali Usa rimanessero a corto di armi. Il problema però è che tra queste forniture bloccate vi sarebbero anche munizioni di precisione e missili Patriot, fondamentali per proteggere le città e le truppe ucraine dai continui bombardamenti russi. E per Zelensky, che ha detto che Ucraina e Usa “stanno chiarendo tutti i dettagli relativi alla fornitura di supporto alla difesa”, si tratterebbe di un vero e proprio incubo, tanto più con Mosca intenzionata a proseguire nella sua pressione militare su tutta la linea del fronte. “Sembrerebbe molto strano, disumano, interrompere la fornitura di sistemi antimissile, in particolare dei Patriot, che proteggono in modo assolutamente evidente la popolazione civile in Ucraina su larga scala” ha tuonato Mykhailo Podolyak, dell’ufficio presidenziale ucraino. “Una pessima notizia” ha sentenziato il sindaco di Kyiv, Vitali Klitschko. “Abbiamo bisogno di più intercettori e sistemi di difesa antiaerea. Siamo anche pronti ad acquistarli o noleggiarli” ha scritto su X il ministro degli Esteri Andriy Sybiha dopo lo stop.
Ma mentre il governo ha convocato l’incaricato da affari Usa, John Ginkel, per chiedere spiegazioni, l’impressione è che Trump, per il momento, non voglia tornare sui suoi passi. Le priorità della Casa Bianca adesso sono due: il Medio Oriente e un accordo tra Ucraina e Russia. E The Donald ha già detto di volere passi in avanti da parte di entrambe le forze in campo. Senza alcuna distinzione. Kyiv, che continua a colpire in profondità il territorio russo e che sembrerebbe coinvolta anche nel sabotaggio della petroliera Vilamoura a largo della Libia, ha detto di essere disposta a trattare. Ma il Cremlino, più che a una pace, è interessato a una resa da parte dell’Ucraina facendo in modo che questa sia costretta ad accettare lo status quo. Per l’intelligence ucraina, dalla Corea del Nord sarebbero già pronti anche altri 30mila soldati inviati da Kim Jong-un come merce di scambio per ricevere tecnologia militare a aiuti da parte della Russia. E ieri, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, è stato cristallino: “Meno armi vengono fornite all’Ucraina, più vicina è la fine dell’operazione militare speciale”.
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