La Russia è grata agli Stati Uniti per i loro “sforzi di mediazione per un accordo”. Parola del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Ma intanto la guerra continua. E ieri è arrivata l’attesa risposta del presidente russo Vladimir Putin all’operazione con cui le forze ucraine hanno messo a tappeto decine di aerei di Mosca. L’attacco è avvenuto nelle prime ore di venerdì, in piena notte. Mosca ha lanciato su tutto il territorio del Paese invaso oltre 400 droni e più di 40 missili balistici e da crociera, segnando così un nuovo drammatico record dall’inizio del conflitto nel febbraio del 2022.

Per la Difesa, il raid è stato realizzato “in risposta agli atti terroristici del regime di Kyiv” ed è stato realizzato “con armi aeree, navali e terrestri a lunga gittata e ad alta precisione, nonché droni”. E gli obiettivi, a detta dei militari russi, sono stati tutti raggiunti e facevano parte del complesso militare-industriale ucraino. Ma se nella Capitale sono stati registrati quattro morti e 20 feriti, in diverse zone del Paese è mancata di nuovo la corrente elettrica, lasciando migliaia di persone al buio, mentre altre decine di persone sono state ricoverate in altre città.

Per Mosca, quella di ieri è stata una rappresaglia all’operazione ucraina. Per Peskov, “tutto ciò che avviene nell’ambito dell’operazione militare speciale, tutto ciò che il nostro Esercito compie quotidianamente, è una risposta alle azioni del regime di Kyiv, che ormai presenta tutte le caratteristiche di un regime terroristico”. L’Ucraina dal canto suo ha dimostrato anche ieri di saper colpire in territorio russo, dove sono stati presi di mira l’aeroporto di Engels, nella regione di Saratov, e quello di Diaghilev, nella regione di Ryazan. E il segnale arrivato tanto da Kyiv quanto da Mosca appare chiaro: il conflitto, pur con tutti i negoziati in corso voluti e attesi dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non si è fermato. Finché non ci saranno indizi di un cambiamento di rotta da parte del Cremlino, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky continuerà a cercare di mettere pressione sulla Russia a livello militare, bucando la rete di sicurezza voluta da Putin.

E il capo dello Stato ha anche ieri richiesto una maggiore pressione nei confronti di Mosca da parte di tutta la comunità internazionale. “La Russia deve essere ritenuta responsabile per questo – ha tuonato Zelensky – Ora è il momento in cui l’America, l’Europa e tutti nel mondo insieme possono fermare questa guerra facendo pressione sulla Russia. Se qualcuno non fa pressione e dà alla guerra più tempo per mietere vittime, questa è complicità e responsabilità. Dobbiamo agire con decisione”. A Mosca però lo zar non sembra affatto intenzionato a cedere. E lo hanno dimostrato non solo gli attacchi lanciati su tutta l’Ucraina, ma anche le varie operazioni lungo la linea del fronte. La cosiddetta zona cuscinetto ai confini prosegue nella sua realizzazione. Ieri il ministero della Difesa ha annunciato che le forze armate russe hanno preso possesso dell’insediamento di Fedorovka, nella regione di Donetsk. E se alcuni analisti indicano che l’offensiva sta comunque rallentando per le difficoltà logistiche e le perdite russe, dall’altro lato sono in molti a credere che con l’arrivo dell’estate Putin possa lanciare una nuova graduale avanzata in tutto il Donbass, nella speranza di arrivare al raggiungimento degli obiettivi minimi prefissati dall’inizio della guerra, e così sedersi al tavolo delle trattative costringendo Zelensky ad accettare lo status quo.

Un pericolo concreto che preoccupa Kyiv, ma di cui ormai sembra convinto lo stesso Trump, impegnato nel negoziato ma sempre più pubblicamente frustrato dall’andamento delle trattative e del conflitto. Dopo che The Donald ha paragonato la guerra a “due bambini che si picchiano al parco“, suggerendo l’intenzione di “lasciarli fare prima di separarli”, Peskov ha chiarito che “per noi si tratta di una questione esistenziale, di interessi nazionali, di sicurezza, del nostro futuro e di quello dei nostri figli, del futuro del nostro Paese”. Il messaggio rivolto alla Casa Bianca non lascia dubbi. Ma è chiaro anche quello rivolto all’Ucraina. Le vie della pace continuano a essere battute, e lo conferma anche il fatto che Papa Leone XIV abbia ricevuto ieri in udienza mons. Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina. Ma le trattative per ora si infrangono su uno scoglio fondamentale: Putin vuole vincere sul campo di battaglia costringendo Zelensky a una pace che abbia il sapore della resa.