Esteri
La Nato prova a lanciare il guanto di sfida a Putin, ma il Cremlino sa già a chi affidarsi

L’Europa non ha altra scelta. O si riarma oppure tra due o tre anni dovrà riunirsi di nuovo a Bruxelles, ma costretta a “imparare il russo”. La ministra della Difesa lituana Dovilė Šakalienė, prima di intervenire alla ministeria Difesa della Nato, ha usato toni chiari. E del resto, la linea dei Paesi baltici sulla Russia è stata sempre molto netta, sia sul muro da opporre al presidente Vladimir Putin sia sul sostegno all’Ucraina. Ma questa volta, l’appello della rappresentante della Lituania è arrivato anche in un momento molto particolare a livello politico e strategico.
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, continua a sostenere che i Paesi dell’Alleanza dovrebbero spendere di più (anche molto di più in alcuni casi) per contribuire alla propria difesa e a quella dei partner. E lo ha confermato anche il capo del Pentagono, Pete Hegseth, secondo cui gli alleati atlantici si stanno avvicinando a un consenso sull’impegno del 5% del Pil da mettere sul piatto della sicurezza. In questo, gli Stati Uniti hanno validi alleati proprio nei Paesi baltici, che ritengono essenziale spendere di più per tutelarsi soprattutto da Mosca.
Ma mentre chiede più impegno finanziario a tutti gli alleati, Trump è anche quel leader che ha riaperto i canali di dialogo con il Cremlino, che considera Putin un interlocutore credibile, che ha fatto capire da subito di non avere molto a cuore le sorti di Kyiv e del presidente Volodymyr Zelensky. Ed è lo stesso Trump che due giorni fa, proprio dopo una telefonata a Putin, ha fatto capire il presidente russo è pronto a scatenare la sua vendetta sull’Ucraina per l’operazione che ha colpito decine di aerei russi, anche quelli strategici. Un attacco chirurgico e letale, studiato alla perfezione, ma su cui la Casa Bianca ha detto di non averne saputo nulla fino alla sua esecuzione. E che l’inviato di Trump per il conflitto, Keith Kellogg, in un’intervista a Fox ha sostanzialmente criticato dicendo che in questo modo “aumenta vertiginosamente” i livelli di rischio di una escalation.
Il pericolo di una vendetta di Putin c’è. I russi lo hanno già fatto capire. E lo stesso Trump, dopo la telefonata con lo “zar”, anche ieri ha detto di “non essere per nulla contento” di come stanno andando le cose “con l’attacco di un paio di giorni fa, al quale i russi risponderanno”. Tuttavia, come ha ricordato ieri l’Alta rappresentante dell’Unione europea per la Politica estera, Kaja Kallas, Mosca “ha condotto attacchi con droni e attacchi contro i civili ininterrottamente, quindi non cambia il suo comportamento”. E “la nostra risposta non dovrebbe essere quella di fare un passo indietro. La nostra risposta dovrebbe essere quella di esercitare maggiori pressioni”, ha aggiunto Kallas a margine della riunione Nato. Una risposta che, secondo gli alleati atlantici, dovrebbe essere anche a lungo termine. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ieri ha definito “un obbligo” l’aumento delle spese militari, per via del deteriorarsi delle condizioni di sicurezza. Per Crosetto, il pericolo è anche quello che ci potrebbe essere dopo la guerra in Ucraina.
L’aumento del numero dei militari “da 400mila a un milione e seicentomila” con l’obiettivo di avere cinque milioni di riservisti, a detta del ministro della Difesa non possono essere elementi in linea con una prospettiva di pace con Kyiv. E questo tipo di programmazione mette in allarme tutte le intelligence e i governi atlantici, al punto che lo stesso titolare di via XX Settembre ha confermato la volontà dell’esecutivo italiano di raggiungere un target del 3,5% di Pil per la Difesa intorno al 2035. Anche la Germania, il cui cancelliere Friedrich Merz ieri è stato ricevuto a Washington da Trump, ha da tempo messo il piede sull’acceleratore riguardo le sue forze armate, al punto che il ministro Boris Pistorius ha confermato che la Bundeswehr ha bisogno di almeno altre 60mila unità.
Ma mentre la Nato deve decidere come gestire la minaccia e anche le divisioni al suo interno, il Cremlino intanto sa già su quali partner, vecchi e nuovi, affidarsi. Dopo l’incontro a Pyongyang con il segretario del Consiglio di sicurezza russo Sergei Shoigu, il leader nordcoreano Kim Jong-un ha ribadito il suo “sostegno incondizionato” a Mosca. Mentre a Washington, il colonnello ucraino Pavlo Palissa ha presentato un rapporto dei servizi segreti militari secondo cui Mosca punta e prendersi Donetsk e Lugansk entro settembre, istituire entro la fine del 2025 una zona cuscinetto ai confini russi, e iniziare a strappare a Kyiv l’accesso al Mar Nero dal prossimo anno.
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