La storia
Hamas si è fermata a Eboli, la città simbolo di Carlo Levi
All’ingresso della chiesa spunta lo striscione “L’ultimo giorno di Gaza, free Palestine”. E anche la politica, tutta, dà il peggio di sé

Non ci sarebbe neppure la notizia se il fatto non riguardasse una città italiana famosa nel mondo grazie a un ebreo. Quell’ebreo si chiamava Carlo Levi. Parliamo di Eboli, circa 40mila abitanti vicino Salerno, “un nome un brand”, come si direbbe, grazie a quel “Cristo si è fermato a Eboli” scritto dal medico pittore spedito al confino nel Sud d’Italia dal fascismo che, guarda caso, pure pensava che a tutti i mali avessero provveduto i figli di Israele. Fatta la tara, esattamente come oggi.
La storia
Non ci sarebbe notizia dinanzi a un parroco che appende all’ingresso della chiesa lo striscione “L’ultimo giorno di Gaza. Free Palestina” in ossequio al “sudario per Gaza” esposto su cortese invito del dottor Tomaso Montanari, punta di diamante dell’anti-giudaismo contemporaneo, uno dei tanti: non ci sarebbe perché di sacerdoti e preti, ora trash ora naïf, la cronaca abbonda (la Chiesa ha molta pazienza), ma quella di Eboli è curiosa come vicenda perché di questo parroco del centro storico, frate minore cappuccino, si è potuta apprezzare una certa militanza anti-ebraica già a pochi giorni dal pogrom del 7 ottobre 2023. Erano gli inizi del dicembre successivo, quando nella piazza centrale della città si radunò il popolo pro-Pal, che già straparlava di genocidio, già stendeva lenzuola bianche macchiate di vernice rossa, già esibiva cartelli come “Israele fascista, Stato terrorista”, “From the river to the sea” e delicatezze varie. Come oggi, pure in quei primi giorni si ragionava di un film del quale i “pacifisti” avevano visto solo il primo tempo; il secondo era stato rimosso, non c’era neppure stato mai. Forse neppure i tremila anni precedenti ci sono mai stati: c’è solo il “genocidio” a Gaza che, a furia di dirlo, sembra quasi sia vero. Può un film essere capito vedendo solo il secondo tempo? Per il club dei Montanari, evidentemente sì.
Carlo Levi l’avrebbe scritto, non avrebbe saltato questo “dettaglio” essenziale per inquadrare la realtà; al suo tempo la sinistra non aveva ancora perso né la testa né la faccia. David Elber, studioso di Diritto internazionale, specialista delle questioni legate alla “lawfare” (la guerra legale) contro Israele, intervistato dalla testata online L’Informale, lo ha spiegato bene: “Quello che viene proposto, oggi, nei mass media è come se si volesse spiegare la storia della Seconda guerra mondiale partendo dalla seconda metà del 1944 mettendo in luce esclusivamente i bombardamenti alleati delle città tedesche, decontestualizzandoli completamente dal contesto nei quali sono avvenuti, per proporre la tesi che i tedeschi hanno subìto un genocidio perché hanno avuto più morti civili degli anglo-americani. A questo punto si può riscrivere tutto ciò che si vuole». E infatti si riscrive tutto ciò che si vuole, e pare funzioni pure.
Tornando a Eboli, dopo poco tempo si andò oltre e si scese ancora in piazza, parroco compreso, dove aderirono in festante baldanza – oltre al rituale cascame post e neo marxista – tutta brava gente di antica militanza politica, gruppi di studenti poco studiosi che sapevano, però, urlare bene cose che non capivano ma che facevano effetto. Un pezzo della folta comunità maghrebina della Piana del Sele, pilotata da associazioni e “mediatori culturali”, tra donne velate e bandiere della “Palestina”, pure aderì entusiasta e al ritmo di “Bella ciao” cantata in arabo all’ipotesi di “liberare la Palestina”. Giunse pure il sostegno della politica, con l’amministrazione a maggioranza Pd-Lega (sic!) guidata da Mario Conte, nipote dell’ex ministro socialista Carmelo e cugino di Emmanuel Conte, assessore al Bilancio di Milano con Sala (tutto si tiene), il quale patrocinò formalmente la cosa e partecipò al corteo sorridendo ai flash con il cartello “Cessate il fuoco” in mano, fino a portare in Consiglio una delibera – approvata perfino da FdI – da inviare a Palazzo Chigi e all’Onu.
Il parroco era lì, in mezzo a loro, sfilava, applaudiva, acconsentiva. Certo, non lo si notava facilmente (anche lui si confonde spesso tra i civili) come un Ovadia o un Lerner sul rispettivo versante; la propria identità forse gli creava disagio. Ora con “L’ultimo giorno di Gaza. Free Palestina” esposto all’ingresso della filiale della società presso cui lavora, fondata da un ebreo poco meno di 150 anni prima che l’imperatore Adriano inventasse la “Siria-Palestina” in sfregio ai giudei sottomessi, si è fatto notare. Partecipare al rilancio degli anni ‘30 nel mondo, almeno in questa parte d’Italia resa celebre dall’ebreo cittadino onorario Levi, sarà stata una tentazione forte. Satanica.
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