Il rischio della guerra totale anche per un semplice errore di valutazione, da alto che era un mese fa, si fa altissimo. La guerra delle parole è già nucleare ed è minata da ultimatum incrociati. Il più violento è quello di Trump che intima a Putin di iniziare la trattativa non oltre le due settimane, ma senza mai parlare di guerra. Fa di più: in una orazione, anche letteraria e certamente retorica, riconosce al Regno Unito il ruolo del vecchio leone che guida senza esitazione il fronte dell’intransigenza e la consapevolezza della guerra imminente. Poi c’è la prima telefonata tra Papa Leone XIV e il presidente russo che accusa Zelensky di volere l’escalation del conflitto. “Mosca faccia un gesto per la pace” il tentativo del Pontefice.

Putin tra “inner circle” e “tela di ragno”

La comunicazione russa è scatenata in questi giorni in una campagna isterica per sostenere che i formidabili attacchi ucraini che hanno eliminato una sessantina di bombardieri con l’operazione “Tela di ragno”, sono opera di reparti della NATO, sicché sui social della destra nazionalista russa si urla morte alla Nato, morte agli inglesi, la risposta di Putin sarà la distruzione di tutti i nemici occidentali. È il vivace fronte interno che rimprovera a Putin di non essere così feroce come lo fu contro ceceni a Grozny nel 1999. Questo è un problema sia politico che esistenziale per Putin e il suo “inner circle”.

La proposta pigliatutto del Cremlino

I colpi inferti dalle operazioni speciali ucraine hanno prodotto un trauma nazionalista. “Le Monde” ha pubblicato le impossibili condizioni per trattare con cui si è presentata la legazione russa a Istanbul. Si tratta di un documento perfido perché contiene due false alternative: la prima è che l’Ucraina si arrenda cedendo tutti i territori che ancora la Russia non ha conquistato, disarmi e rinunci qualsiasi adesione all’Unione Europea, non parliamo della NATO, senza alcun risarcimento per i danni di guerra. E inoltre, gli ucraini dovrebbero accettare la lingua russa con par dignità, anzi prevalenza sulla lingua ucraina. Alla richiesta di Kyiv di riavere indietro i quasi 50mila bambini rapiti e affidati ad altrettante famiglie russe, viene dedicato un paragrafo sprezzante in cui si dice che non c’è spazio per le lagne delle vecchie donne che pretendono di far prevalere i loro lamenti sulle questioni strategiche. La seconda versione proposta dai russi a Istanbul è esattamente come la prima sicché l’Ucraina dovrebbe scegliere tra una resa incondizionata totale senza alternative.

Kellogg e l’escalation irreversibile ‘grazie’ alle vittorie di Kiev

Quindi non c’è stato mai un solo momento in cui Putin abbia preso in considerazione la possibilità di sospendere il fuoco e cercare una soluzione facendo per prima cosa tacere le armi. Ieri il presidente cinese Xi Jinping ha accolto il presidente bielorusso Lukashenko sottolineando che il comune obiettivo è consegnare l’Ucraina ai russi per poi annettere l’isola di Taiwan alla Cina continentale. Questo è il senso del tenore propagandistico anche se per ora si tratta di una guerra di parole pronta a spostare il suo baricentro sull’estremo Oriente. Gli americani in questo contesto non sono fautori dello scontro militare e infatti Keith Kellogg, l’inviato speciale di Putin in Ucraina, dichiara a Fox News (televisione trumpiana) di essere preoccupato per clamorose vittorie ucraine, così umilianti da far prevedere un’escalation irreversibile.

Per ora Donald Trump parla solo di devastanti sanzioni che metterebbero in ginocchio la Russia e il circolo che si raccoglie intorno a Putin e che potrebbe ribellarsi a Putin. Si può dire che sono stati raggiunti livelli mai raggiunti prima, livelli di odio come accadeva nella famosa pièce di Jean Giroudoux del 1935 in cui si fingeva di credere che, malgrado le apparenze, “La guerra di Troia non si farà”. Il think tank “Center for Strategic and International studies” ha diffuso la valutazione secondo cui i russi avrebbero perso 250mila uomini fra morti e ferirti, e l’Ucraina fra i 60 e i centomila.

Soltanto di fronte alle gravi perdite degli invasori russi di fronte alla resistenza degli ucraini, si capisce che per ora non sono ipotizzabili percorsi di pace perché Vladimir Putin si è talmente esposto davanti ai suoi nemici interni in un duello che non prevede vie d’uscita diplomatiche, da essere costretto a rilanciare ogni giorno le richieste del partito della guerra, che si oppone al partito degli affari che vorrebbe chiudere la guerra e riportare gradualmente la Russia nella comunità dei salotti buoni iniziando un processo di trattative. Resta da vedere che cosa farà Trump alla scadenza del suo ultimatum e che cosa faranno gli ucraini ora che si sentono geniali, superiori ai russi, sostenuti da paesi come la Germania il Regno Unito.

Avatar photo

Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.