"E' l'Islam che ci sta attaccando con l'immigrazione"
Vannacci: “Riarmo per rilanciare Germania in crisi e i nuovi Nelson e Napoleone. Putin non ha numeri per attaccare l’Europa”
L’ex generale: “L’Ue si preoccupa di un nemico che non ha ancora ucciso un suo cittadino, ma ignora il nemico che lo fa in casa, quasi quotidianamente”

È un’Europa al contrario per l’eurodeputato leghista Roberto Vannacci, che su ReArm Europe proprio non ci sta. Tra guerre militari, commerciali e ibride, il Generale dice la sua su come dovremmo difenderci, con quali strategie ma soprattutto da quale nemico.
Gli Usa chiudono l’ombrello di protezione sull’Europa. Come ci difenderemo?
«Io non credo che gli Stati Uniti gireranno del tutto le spalle al Vecchio Continente, per quanto sia chiaro che i loro interessi attualmente siano nel Pacifico. Come difenderci? Prima di organizzare una Difesa, bisogna prima di tutto avere un nemico, e la Russia non ha mai invaso un Paese che sia parte dell’Ue. Prima del 1989 avevamo un nemico che era l’Unione Sovietica, ma quella minaccia è crollata insieme al Muro di Berlino. Negli ultimi giorni, ci hanno dovuto convincere del fatto che la Russia è di nuovo quel nemico, e quindi dobbiamo spendere 850 miliardi per armarci contro Putin. È una grandissima balla. In termini assoluti, l’Ue spende due volte e mezzo più della Russia in Difesa. La Russia ha un PIL inferiore a quello italiano, che si basa quasi esclusivamente sull’esportazione di materie prime, ed è un nono di quello dell’Ue. La popolazione russa è un terzo di quella dell’Ue. Come possiamo pensare che un Paese così grande, con una densità abitativa infinitesimale, possa minacciare un continente come l’Europa?».
Molti Paesi di frontiera con la Russia non sarebbero d’accordo però…
«Certo, e infatti sono anche Paesi che spendono più in Difesa, perché la loro posizione rende questa potenziale minaccia una priorità. Rientra nei loro interessi nazionali. Per fare un esempio, la Lituania nel contrasto all’immigrazione clandestina non spende nulla, perché non è un suo problema, mentre noi spendiamo tantissimo perché – al contrario della Lituania – la questione è prioritaria per il nostro Paese. L’Ue non può livellare tutti, come se ogni nazione che la compone fosse nella stessa posizione geografica e politica. Quindi, visto il disingaggio americano, io dico che il miglior sistema di Difesa per l’Europa consiste nel fare un’attenta analisi di chi possa essere il nemico per ogni Paese, e nel delineare i conseguenti scenari strategici. Ogni nazione, in questo modo, si munisce di un esercito che serva le proprie, di necessità. Gli eserciti, lo dico sempre, sono strumenti direttamente collegati con la sovranità nazionale. Se si cede l’esercito nazionale, si cede la sovranità: ecco perché l’esercito europeo è uno slogan, non esiterà mai».
E se il nemico dell’Europa, come lei sostiene, non fosse Putin ma l’Islam?
«Torniamo all’importanza di diversificare gli strumenti: l’Islam ci sta già attaccando. Solo che non lo fa con le bombe atomiche e con i carri armati, ma con l’immigrazione irregolare e clandestina. Ci sono due modi per combattere questa guerra: bloccare immediatamente l’immigrazione clandestina e procedere con il rimpatrio. Si può fare, magari raffinando gli strumenti giuridici per ottenere questi risultati: ricordiamoci che le leggi sono strumenti, non obiettivi, e se non sono più configurate per uno scopo, si cambiano. Io vengo dalle Forze Non Convenzionali: in guerra, se sono debole, non attaccherò qualcuno di più forte con un’arma con cui può prevalere su di me, userò strumenti diversi. L’Islam non ci punterà mai con i carri armati e con i jet, perché ne uscirebbe perdente. Ma colpisce con la demografia, con l’immigrazione incontrollata e con la prevalenza culturale, che loro hanno mantenuto, mentre la nostra si sgretola in favore della cultura woke».
Com’è messa l’industria militare in Italia?
«Leonardo e Fincantieri sono due colossi: Leonardo è una delle più grandi multinazionali di armi in Europa, a cui possiamo aggiungere Rheinmetall, Dassault, Thales. Però fattura molto meno rispetto alle multinazionali tedesche e a quelle francesi. Io temo che questa manovra proposta e portata avanti, non a caso, dalla von der Leyen che è tedesca, abbia uno scopo: la Germania è la più grande manifattura per l’industria pesante d’Europa. Questa è una possibilità, per loro, di rilanciarsi facendo debito. Non potrebbero farlo da soli perché è proibito dalla loro Costituzione, ma con ReArm Europe hanno un’occasione d’oro per arginare la loro crisi. E poi c’è la Francia che ha, come dicevamo prima, Dassault e Thales. Infatti Macron, in questa sua nuova veste da Napoleone, riunisce gli Stati volenterosi, insieme a Starmer, che non si capisce cosa c’entri con l’Ue visto che l’ha rinnegata. I nuovi Nelson e Napoleone…».
Trump la spara grossa per poi agire, nei fatti, in modo più moderato di quanto ci si aspetterebbe. Sembra che sia una sorta di tecnica…
«Trump è un businessman, abituato ad affrontare le problematiche con l’approccio dell’uomo di affari. Le relazioni internazionali non si basano sulla gentilezza, ma su tre punti fondamentali: la convenienza, la reciprocità di questa convenienza e la capacità di imporre il proprio volere sugli altri, che comporta l’uso di una serie di strumenti tra cui anche la guerra, nel senso militare ed economico del termine. Ad ogni modo Trump – questo è indiscutibile – ha raggiunto con una velocità impressionante un cessate il fuoco in Medio Oriente, e sta lavorando per ottenere lo stesso risultato con la Russia. Tornando alla guerra economica, gli effetti dobbiamo ancora vederli, al di là dei ribassi della Borsa. Sul tema dei dazi, vorrei far notare che Draghi ha scritto nel suo rapporto che la globalizzazione è tra i motivi della scarsa produttività e competitività dell’Europa. E i dazi vanno proprio contro la globalizzazione. Staremo a vedere».
Abbiamo parlato di guerra nel senso militare del termine, di guerra commerciale, ma oggi affrontiamo anche certe guerre ibride che puntano a destabilizzare i processi elettorali di altri Paesi.
«Sono guerre vere e proprie anche quelle che non coinvolgono strumenti militari: guerre di propaganda, quelle che noi militari chiamiamo information warfare, la comunicazione, l’aspetto cibernetico, l’aspetto sociale, l’aspetto culturale. Per ogni dominio c’è una difesa specifica, e a maggior ragione non possiamo pensare che il riarmo, inteso come rilancio dell’industria della Difesa – nel senso prettamente militare del termine – sarà una soluzione. Nel mio recente intervento al Parlamento europeo l’ho ribadito: il nemico dell’Europa non è il soldato russo con il colbacco in testa, sono gli attentati e la criminalità portata a termine dagli immigrati irregolari. L’Ue si preoccupa di un nemico che non ha ancora ucciso un suo cittadino, ma ignora il nemico che lo fa in casa, quasi quotidianamente».
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