L'ombra della sfiducia
ReArm, disfatta al Nazareno. Pressing alle stelle per il congresso dem. Aria da resa dei conti

Il voto del Parlamento UE si trasforma in una resa dei conti nel Partito democratico. Da una parte gli 11 fedelissimi che si attengono alla linea dettata da Elly Schlein; dall’altra i 10 «ribelli» che voltano le spalle e dicono «sì» alla mozione su Difesa e ReArm. La spaccatura clamorosa del Pd è terreno fertile per chi da tempo ha mugugnato dietro le quinte e che ora esce allo scoperto per alzare il dito e chiedere un confronto. Che vuol dire congresso.
Il pressing aumenta. Da ieri pomeriggio sempre più esponenti dem chiedono di trarre le conseguenze della disfatta e avviare una riflessione interna. Che, nei fatti, può arrivare a mettere in discussione Elly. Finalità ovviamente negata a favore di telecamere, ma che in realtà è l’obiettivo di chi non tollera sbandate sulla politica estera e sull’identità riformista. Non a caso Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Ue ed eurodeputata dem, suona la sveglia: «La posizione della segreteria era di astenersi, credo che non si possa far finta che non è successo niente. Ora è necessario un lavoro di composizione, che nei partiti si è sempre fatta. In passato c’erano i caminetti, erano luoghi di composizione, avercene…». Un lavoro che spetterebbe a Elly, ma che è mancato: «Ha avuto una posizione troppo affrettata. Questo lavoro andava fatto prima e va fatto ora. Da molto tempo assistiamo a un atteggiamento di chiusura del gruppo dirigente che porta inesorabilmente a divisioni e spaccature».
La deputata Lia Quartapelle respinge la vile strategia dell’astensione: «Congresso o non congresso, dobbiamo mostrarci all’altezza del momento di grande cambiamento che stiamo vivendo». E lancia l’appello: «Una discussione è urgente. A Bruxelles una discussione non c’è stata, un confronto con la segretaria. Serve un confronto equilibrato». Anche Piero Fassino non vuole concedere sconti: «È necessario un confronto fondato sulla consapevolezza che il posizionamento internazionale di un partito ne definisce identità, profilo e credibilità».
Ancora più duri i toni della dem Marianna Madia, che chiede di accelerare per arrivare a una sintesi interna che non si snaturi rispetto al gruppo S&D: «Non possiamo fare tutto questo stando zitti o con mezzo voto. Congresso o Direzione? Va bene tutto, basta che ci sia una discussione». Nel Pd la parola congresso evoca dinamiche inquietanti, e l’ombra della sfiducia tormenta Schlein. Ma per Gianni Cuperlo non si può ignorare la priorità: «Sento fortissima l’esigenza di trovare un luogo dove svolgere un confronto approfondito e serio negli organismi dirigenti. Troviamo il modo di riscoprire la forza e la bellezza del confronto dentro una comunità politica. Se non lo fai in un momento così tormentato e potenzialmente esplosivo, rischieremo di sciupare l’occasione».
Chi invece tiene a prendere le distanze dal congresso è Sandra Zampa: «Non penso a congressi tematici ma a una grande iniziativa che faccia comprendere lo scenario nel quale saremo chiamati a fare scelte». L’idea è quella di una sessione di lavoro sull’Europa. La senatrice però non rinuncia a una serie di bordate, a partire da una sottolineatura: questioni complesse richiedono pazienza e disponibilità di discutere. Ed è proprio su questo punto che va all’attacco: «Non si può dire che lo si è fatto in una Direzione che aveva all’odg diverse questioni e che è durata tre ore». Precisa di non avere alcun intento polemico nei confronti di Elly, ma con franchezza rimarca che «il confronto è stato insufficiente». La profonda divisione del Partito democratico presenterà conseguenze imprevedibili, specialmente se Schlein ignorerà i mal di pancia sempre più lancinanti.
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