Una delle tasse più odiate
Abolire il canone Rai perché gli italiani non sono un bancomat: questa battaglia il governo la vuole vincere

Tema di discussione del “Si&No” del Riformista è l’abolizione o meno del canone Rai. La tassa più odiata dagli italiani, come come viene spesso ribattezzata, è eccessiva? Costa poco più di 100 euro l’anno. Favorevole all’abolizione Stefano Candiani della Lega, secondo cui “gli italiani non sono un bancomat“. Contrario Maurizio Gasparri di Forza Italia che sottolinea come “finanziare il canone rappresenti una tutela per la democrazia e la libertà“.
Questa l’opinione di Stefano Candiani:
Si riapre la stagione del canone Rai. Ce ne eravamo quasi dimenticati, ma questo resta un eterno nodo non sciolto nella gestione del sistema radiotelevisivo pubblico. Non è solo questione di affrontare il tema di una delle tasse più odiate dagli italiani. È anche, forse per la prima volta in maniera seria, grazie anche alla situazione di discontinuità con il cambio di governo rispetto al centrosinistra, la prima vera occasione per una revisione profonda del livello di efficienza del sistema radiotelevisivo pubblico.
Questo per una ragione molto semplice: perché il canone (lo si vede dai numeri legati alla gestione della Rai) è diventato un pagamento senza un’analisi reale tra costi e benefici, con una sproporzione insostenibile tra il rendimento che c’è nel settore privato e l’enorme buco, quasi mezzo miliardo, della gestione corrente. La cosa paradossale e assurda è che l’attenzione sia sulla scelta “politica” relativamente al destino del canone, mentre ci troviamo a dover affrontare un obbligo imposto dall’Ue di togliere il canone dalla bolletta dell’energia elettrica.
Poca attenzione, invece, se non di Striscia La Notizia e qualche giornale, per le enormi, stratosferiche, iperboliche spese per cachet e organizzazioni di spettacoli con i soliti nomi, tanto cari alla politica di sinistra che ora stanno, volutamente in polemica, facendo i bagagli. La vera questione quindi, prima di parlare di come introitare il canone, è capire perché questa spesa negli anni sia diventata folle e addirittura, in qualche caso, fuori controllo, grazie proprio a quella spinta data dalla certezza di avere comunque l’introito del canone.
Così si manca di rispetto agli italiani, pensando che siano fessi e che si possa far loro pagare il canone senza renderne conto. Ma gli italiani non sono per niente fessi. Accade addirittura di presentare interrogazioni parlamentari alla Rai per chiedere il dettaglio di come vengono spesi soldi nelle trasmissioni o gli interventi ora di questo, ora di quell’altro opinionista, e a queste interrogazioni, dalla Rai, non si degnano nemmeno di rispondere o, al massimo, lo fanno in maniera totalmente evasiva. Ma la festa è finita. È ora di dare spiegazioni e, quando sarà il momento, il canone potrà essere tranquillamente ridotto, fino ad essere poi eliminato. È evidente che se la televisione commerciale si regge sulle gambe della raccolta pubblicitaria, con ascolti che spesso mettono in imbarazzo la Rai e producendo, addirittura, utile, dall’altra parte si fa fatica a tacere che il servizio pubblico oggi ha un rapporto tra dipendenti e collaborazioni esterne sproporzionato a favore delle seconde con un buco di bilancio, che come abbiamo già ricordato, è arrivato a mezzo miliardo.
Quanto ci guadagneranno gli italiani con trasmissioni meno politicamente orientate e magari con un po’ più di intrattenimento di qualità o di buona cultura. Quella del canone è una battaglia che intendiamo vincere per il buon funzionamento della Tv di stato e tenendo bene a mente che gli Italiani non sono un bancomat. E poi basta con la storia dell’occupazione della Rai: le regole non sono cambiate, sono le stesse di quando la sinistra era al governo. Se il PD non si lamentava della Rai occupata ieri, quando era al governo, non ha ragione a preoccuparsene oggi, visto che le regole sono sempre le stesse. Casomai forse qualcuno ha compreso che con questa maggioranza bisogna lavorare e rendere conti di come si spendono i soldi degli Italiani. L’abolizione del canone non è quindi solo un auspicio politico, ma serve a costringere a funzionare meglio la Tv di stato. Magari con dipendenti pagati meglio a fronte di qualche multimilionario della sinistra da salotto in meno. E poi, “morto un Papa se ne fa un altro’, recita il detto. Nessuno è indispensabile, figuriamoci un Fazio, un’Annunziata o una Littizzetto.
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