Il M5S detta la linea, il Pd si adegua. Giuseppe Conte ispira, Elly Schlein esegue. Potrebbe sembrare esagerato descrivere in maniera così tranchant gli equilibri all’interno dell’incompiuta del campo largo giallorosso. Eppure sono i fatti a dimostrare la sudditanza del Nazareno nei confronti dei grillini. È bastato seguire la discussione in Aula al Senato sul ddl Nordio per rendersene conto. Con un Pd che va contro se stesso e i suoi sindaci su abolizione dell’abuso d’ufficio e depotenziamento del reato di traffico di influenze. Il tutto per aderire al pensiero dell’ex magistrato antimafia Roberto Scarpinato, ora senatore dei Cinque Stelle, campione di giustizialismo. Pd e M5S tentato di fare ostruzionismo marciando uniti. Ma l’articolo 1 del ddl Nordio, che abolisce il reato d’ufficio previsto dall’articolo 323 del codice penale, passa con i voti della maggioranza e di Italia Viva e Azione. L’esame del testo riprenderà oggi. Però il vero dato politico della giornata, appunto, è l’immagine dell’asse giustizialista tra Pd di Schlein e M5S. Matteo Renzi, leader di Iv, accusa i dem di “seguire Scarpinato e M5S contro gli stessi sindaci del Partito Democratico”. Francesco Boccia, capogruppo del Pd al Senato, risponde incredibilmente che “i nostri sindaci la pensano come il gruppo Pd”. Poi va sul personale contro Renzi: “È scorretto e poco opportuno rispetto ai nostri doveri citare i casi personali”. Controreplica del presidente di Italia Viva: “Io mi assumo la responsabilità politica di portare qui la voce dei sindaci del Pd che chiedono l’abolizione dell’abuso di ufficio e del traffico di influenze”. Mentre Scarpinato arriva a parlare di “giustizia classista che vuole salvare i potenti”.

Tutto comincia quando il Pd chiede il non passaggio degli articoli del ddl Nordio che stabiliscono l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, la modifica del reato di traffico di influenze, la stretta sulle intercettazioni, la riforma della custodia cautelare. L’Aula respinge la richiesta. A spiegare le motivazioni della virata giustizialista dei dem è il senatore Alfredo Bazoli: “Noi riteniamo che con l’abrogazione dell’abuso di ufficio, ci sia il rischio concreto di violazione di alcuni articoli della nostra carta costituzionale, in particolare l’articolo 3, il principio di uguaglianza, e l’articolo 117, che è quello che pone al nostro ordinamento di conformarsi ai trattati e alle convenzioni internazionali. Noi riteniamo che con l’abrogazione dell’abuso di ufficio si verranno a creare trattamenti differenziati in ragione del tipo di potere posseduto dai cittadini italiani perché non ci sarà più un adeguato controllo di legalità su chi esercita il potere pubblico”.

Renzi ricorda le posizioni di sindaci e amministratori del Pd a favore dell’abolizione del reato di abuso d’ufficio. “In questa Aula è bene che risuoni la voce dei tanti amministratori del Pd che da anni chiedono che queste norme siano cambiate e rese al passo con i tempi, perché amministratori del Pd, sindaci, assessori del Pd da anni chiedono al Pd di cambiare le norme sull’abuso di ufficio e sul traffico di influenze”, incalza l’ex presidente del Consiglio. Che poi sottolinea: “Ma in questa Aula il Pd ha scelto di sostenere la tesi di Scarpinato”. Renzi parla dei “tanti sindaci e assessori del Pd che oggi hanno risposte positive alle loro richieste, ma dall’altra parte politica”. E quindi: “È legittimo che oggi abbiate scelto di stare dalla parte di Scarpinato ma non è legittimo che veniate qui a dirci che le posizioni dei sindaci del Pd non contano. Se però ritenete che le loro posizioni non abbiano diritto di cittadinanza in quest’aula, ebbene io mi assumo la responsabilità politica di portare la voce dei sindaci del Pd che chiedono l’abolizione dell’abuso di ufficio e del traffico di influenze. Tornate in voi e lasciate la caccia ai grillini”.

Da Beppe Sala a Giorgio Gori. Dal sindaco di Pesaro Matteo Ricci a quello di Bari Antonio Decaro. Sono tantissimi gli amministratori locali del Pd che si sono espressi a favore di una riforma dell’abuso d’ufficio. Anche Stefano Bonaccini, sfidante di Schlein al congresso, presidente del Pd, ha ammesso che “sull’abuso d’ufficio qualcosa va rivisto”. Per non parlare del governatore della Campania Vincenzo De Luca. Ma pure in Parlamento abbondano i musi lunghi, tra i cosiddetti “riformisti”. Sempre più a disagio, eppure perennemente indecisi a tutto. Invece Bazoli preferisce accusare Renzi di “strumentalizzare l’abuso d’ufficio, un reato che non riguarda solo i sindaci”. Ma il pezzo forte è Boccia, che si rivolge direttamente al leader di Iv. “Vorrei dire al presidente Renzi e a tanti colleghe e colleghi di sforzarsi di compiere fino in fondo il proprio impegno in quest’Aula evitando di personalizzare le vicende che attraversano il processo legislativo, perché personalizzare le norme e le leggi significa fare ulteriori danni rispetto ai tanti già fatti nel passato recente”, allude il capogruppo del Pd. “I sindaci del Pd la pensano esattamente come i gruppi del Pd e come il Pd. Avere strumentalizzato alcune dichiarazioni pubbliche di singoli amministratori che sono stati condizionati dalle proprie vicende personali è scorretto”, prosegue Boccia. Renzi ribadisce che i reati di abuso d’ufficio e traffico di influenze non sono mai entrati nelle sue vicende personali. Ma tant’è.

È il Pd modello Scarpinato. Il senatore del M5S, infatti, interviene da due giorni a spron battuto contro l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio. Scarpinato se la prende con i sindaci che avevano parlato di “paura della firma” e come il Pd ridimensiona l’impatto del reato sui primi cittadini: “Affermano che ce lo chiedono i sindaci? Ma quel reato riguarda anche o innanzitutto i magistrati, i medici, i poliziotti, genericamente migliaia di pubblici amministratori. Nemmeno su questo ci rispondono. Governo e maggioranza non rispondono, perché la verità è che la loro è una scelta politica di giustizia classista che vuole salvare i potenti”. Così diversi, così uguali.