Così, tanti giovani americani stanno volando verso l’Ue
Addio sogno americano: oggi c’è l’European Dream
L’Europa è il nuovo sogno: migliore equilibrio tra vita privata e lavoro e ambizione sana. In una frase: non si vive per il lavoro
C’era una volta l’American Dream. Negli Stati Uniti il sogno Americano è stato alla base dello sviluppo culturale, sociale, economico del Paese: l’idea che chiunque, indipendentemente dall’origine, dallo Stato di nascita, dall’estrazione sociale, dal contesto in cui è cresciuto, potesse raggiungere il successo. Negli USA è stato spesso l’ispirazione per sfide sportive e sociali, la base di racconti quasi mitologici dai confini più fiabeschi che reali, l’esempio portato a qualsiasi fascia sociale in condizioni difficili: anche tu ce la puoi fare, negli Stati Uniti puoi diventare davvero quello che vuoi.
Dall’American Dream è nata poi l’hustle culture, cioè l’idea per la quale il successo sia determinato dal duro lavoro, da un’ambizione sfrenata e dalla dedizione costante e incessante volta all’affermazione di sé: lavoro tanto perché voglio diventare il miglior cestista che l’NBA abbia mai avuto, lavoro tanto per diventare il primo astronauta ad andare su Marte. Una cultura che di base non ha nulla di sbagliato, anzi: una cultura che diventa però tossica quando sconfina nella glorificazione assoluta e acritica del lavorare tanto. Sei un grande se lavori 18 ore al giorno, sette su sette: con ovvi impatti su stress, ansia, considerazione di sé, salute mentale e fisica, accettazione e consapevolezza, ruolo sociale.
Come ogni cosa che nasce negli Stati Uniti, che sia l’ultimo social network o la pizza con l’ananas, questo movimento ha avuto grande spazio e un certo impatto anche in Europa, soprattutto su chi era ragazzo negli anni ‘80 e ‘90, i cosiddetti millennials. Senza entrare in grandi approfondimenti, basti pensare alle rappresentazioni e alle storie dove fantasia e leggenda si mescolano alla realtà, come quelle di Donald Trump (prima che si buttasse in politica, da quel momento la narrativa è diventata più vicina a un cinepanettone), di Warren Buffett, o anche di Elon Musk per stare anche in tempi recenti. O si pensi a film come The Wolf of Wall Street, La Ricerca della Felicità o Wall Street. Oppure chi non ha in mente, senza magari mai neanche averne ascoltato una nota, la copertina dell’album Born in USA di Bruce Springsteen?
Ma le cose stanno cambiando. In USA, lì dove l’American Dream è stato elevato a cultura, si parla ora di European Dream. E chi sta cambiando le cose? La generazione Z. Già, perché il sogno americano raccontato dai loro genitori e visto in certi film si è spento davanti alla realtà degli anni ‘20. Una realtà fatta, per le nuove generazioni americane, da poche opportunità, dalla scoperta dei lati negativi della hustle culture, dall’esasperazione del lavorare tanto che alla fine porta poco, da burn out continui e da fragilità che, sì, ci sono sempre state ma che ora non sono più tabù. E siccome gli americani non resistono alla voglia di etichettare qualsiasi cosa, ecco che si parla di European Dream.
L’Europa è il nuovo sogno: migliore equilibrio tra vita privata e lavoro, maggiore attenzione alla salute mentale dei lavoratori, minore pressione nociva sulle prestazioni, ambizione sana e non esasperata fino a diventare ossessione. In una frase: non si vive per il lavoro. Così, tanti giovani americani alla ricerca di tutto questo si stanno trasferendo dagli Stati Uniti in Europa. Come negli anni ‘80 e ‘90 erano film e dischi che promuovevano il Sogno Americano, nel 2023 sono gli stessi ragazzi che sui social media raccontano, senza filtri e senza artifici, cosa è per loro il sogno europeo.
Lo fanno raccontando le loro giornate, i loro ambienti di lavoro, le loro possibilità, sottolineando quello che da emigrati dagli USA in Europa hanno trovato e come non tornerebbero mai indietro. Facendo vedere i luoghi, raccontando meglio di ogni campagna di marketing fatta da Ministeri del Turismo bellezze locali, lati nascosti e quelle chicche che magari i locali danno per scontate ma che all’estero hanno ancora una leva fortissima.
Quali città sono prese come modello, esempio o destinazione del trasferimento dagli USA? Perlopiù città del Nord Europa, ma anche Varsavia e Parigi o alcune cittadine svizzere. E l’Italia? Assente. Ma se vogliamo vedere il lato positivo, questa è una delle opportunità che ha oggi il Belpaese. L’opportunità di diventare capofila tra i Paesi aperti ai giovani, ricco di opportunità lavorative, attento alle esigenze dei singoli e delle comunità, con programmi aziendali e sociali di prevenzione e attenzione alla salute mentale, con la possibilità di lavorare sulle Dolomiti o a duecento metri dal mare sardo, di vivere in città come Firenze o Milano ma spostarsi agevolmente in contesti più piccoli, con l’offerta di programmi universitari contemporanei e con facilità di inserimento in grandi aziende così come nelle PMI tipiche del nostro territorio. Un Paese open non solo to meraviglia, ma anche to giovani. Un Paese raccontato in maniera spontanea e vera da loro, con il loro linguaggio e i loro canali: la migliore campagna possibile. E gratis.
L’Italia ha oggi tutto quello che la generazione Z sta cercando e trovando in altri Paesi europei, e che le nuove generazioni europee (tra cui i nostri ragazzi) cercheranno a breve. Flessibilità, uno stile di vita lontano dagli estremi della hustle culture che ha illuso la generazione precedente, la possibilità di affermarsi come professionisti e come persone senza eccedere in fanatismi tipici dell’approccio a stelle e strisce, valori profondi e una cultura eccezionale. L’Italia ha davvero tutto per poter essere il primo paese che la Generazione Z americana cerca e il primo in cui desidera arrivare. Ma lo può essere anche per le nuove generazioni italiane: perché se oggi uno studente americano si trasferisse in Italia deluso dalla cultura in cui è nato e cresciuto e alla ricerca di un contesto differente, probabilmente scapperebbe altrove, così come continuano a fare tanti giovani italiani. Potremo davvero essere attrattivi per i ragazzi di altri Paesi solo quando i nostri ragazzi, la nostra generazione z, sarà fiera di quello che l’Italia offre loro e l’esempio che il Sogno Europeo può diventare Italiano. Ma, al momento, è solo un sogno.
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