I "no" pesano come un macigno
Aiuti all’Ucraina, allargamento e migranti: l’incognita di Orbán sull’Unione Europea
È iniziata ieri a Bruxelles una settimana cruciale, il cui apice si avrà giovedì e venerdì quando si aprirà il Consiglio Europeo. Non un consiglio qualunque, ma uno con un’agenda che farebbe tremare i polsi a chiunque: l’adesione dell’Ucraina e della Moldavia all’UE, il nuovo bilancio europeo, l’ok definitivo al nuovo patto sulle migrazioni. Su tutti e tre i principali dossier del Consiglio, pesano come un macigno le posizioni di fortissima contrarietà che il premier ungherese Viktor Orbán non solo non ha nascosto, ma ha apertamente “urlato” nelle ultime settimane: dell’allargamento all’Ucraina non se ne parla neppure, di ridare aiuti a Kiev idem, il bilancio europeo va asciugato il più possibile, il nuovo patto sulle migrazioni va fortemente rivisto. No, no, no, è il mantra che viene da Budapest, condito con una retorica antieuropeista molto dura, al punto da aver tappezzato le città ungheresi con una campagna pubblicitaria nella quale mette insieme, criticando entrambi, la presidente von der Leyen con il figlio del miliardario Soros.
Tuttavia c’è un ma. Nel dicembre 2022, l’Unione Europea aveva congelato circa 22 miliardi di euro di fondi per la coesione dell’UE destinati all’Ungheria, con la motivazione – tutta ancora attuale – che Budapest avrebbe dovuto attuare una serie di riforme legate alla tutela dei diritti umani e dello stato di diritto. A maggio l’Ungheria ha messo sì mano ad alcune riforme destinate – almeno in teoria – a rafforzare l’autonomia della magistratura, ma secondo molti commentatori questo – sempre in teoria – non sarebbe sufficiente a sbloccare questi soldi. E se la decisione è attesa per oggi o al più tardi per domani, è evidente che inevitabilmente lo sblocco dei finanziamenti potrebbe essere legato a un accordo con Orbán in vista del Consiglio europeo.
In ogni caso, non tutti i 22 miliardi sarebbero sbloccati perché alcuni di questi sono legati a leggi che non sono state modificate, come quella che prevede restrizioni alle libertà accademiche, quella sulla “protezione dei minori” considerata omofoba ed infine quella che riguarda il trattamento dei richiedenti asilo da parte delle autorità. Su questi fondi, al momento non pare ci sia alcuna possibilità di sblocco. Non sono mancate polemiche per questa “real politik” di Bruxelles, tanto più che tra sei mesi l’UE andrà al voto. In testa il leader liberale Guy Verhofstadt, che senza mezzi termini – come fa spesso – ha detto che anziché dargli soldi, dovremo togliergli il diritto di veto: come dargli torto?
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