Con la pandemia il consumo di bevande alcoliche ha subito “una impennata nel 2020 tra il 181 e il 250% nell’home delivery, con un aumento dei consumi domestici registrati”. E’ quanto emerge dai dati diffusi all’Istituto Superiore di Sanità sul consumo di alcol durante l’anno di emergenza coronavirus. “L’approvvigionamento delle bevande alcoliche non ha conosciuto pause nel periodo del lockdown”. Anzi, “il mercato ha rafforzato nuovi canali alternativi e anche meno controllati relativamente al divieto di vendita a minori”, cambiando anche “le abitudini degli italiani”.

Secondo l’Iss, il dato è dovuto all’isolamento che ha portato a “un incremento di consumo incontrollato, anche favorito da aperitivi digitali sulle chat e sui social network, spesso in compensazione della tensione conseguente all’isolamento, alle problematiche economiche, lavorative, relazionali e dei timori diffusi nella popolazione resa sicuramente piu’ fragile dalla pandemia”.

D’altro canto, i servizi di alcologia e i dipartimenti per le dipendenze e di salute mentale, a causa delle chiusure obbligate, precisa l’Iss, “hanno registrato una crescita di difficile gestione prima, durante e dopo i lockdown per la scarsita’ delle risorse a disposizione, per la quantità di richieste inevase a causa delle restrizioni anti-Covid-19 e per l’impreparazione relativa a soluzioni digitali, solo tardivamente introdotte”. In Italia, sottolinea il rapporto, “nel periodo antecedente la pandemia di Covid-19 l’alcol era uno tra i più temibili fattori di rischio e di malattia per circa otto milioni e mezzo di consumatori definiti a rischio, tra cui oltre due milioni e settecentomila anziani, oltre 4 milioni di binge drinker e circa 600.000 consumatori “dannosi” con diagnosi suggestiva di alcoldipendenza in need for treatment. Una situazione che i dati preliminari sul 2020 suggeriscono essere peggiorata durante i mesi di lockdown e smart working“.

Nel corso dell’ultimo anno “si è registrato un incremento della prevalenza di dei consumatori dannosi che è passata da 1,46% a 1,80%, in particolare nella popolazione anziana dove il valore è aumentato in maniera statisticamente significativa del 22,7%. Considerati gli alcoldipendenti in carico ai servizi dell’SSN è evidente che oltre il 90 % di coloro che si trovano nella necessità e urgenza di trattamento non sono intercettati, identificati, gestiti, curati o riabilitati mortificando la funzione e il ruolo sia della prevenzione universale che di quella della fascia ad alto rischio, la più sensibile, generando e consolidando una grave disuguaglianza di salute resa ancora più aspra dalle disomogeneità registrabili nei modelli e nelle risorse dedicate a livello regionale”.

Molte sono le azioni da intraprendere, secondo l’Iss, “per arginare l’ondata certa di disordini da alcol. In linea di massima, le persone che bevono dovrebbero ridurre al minimo il loro consumo di alcol durante la pandemia di Covid-19. E molte dovrebbero sospenderlo del tutto, in particolare quelle la cui condizione di salute generale è compromessa. Come segnala l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è importante che le famiglie si sostengano l’una con l’altra durante questo periodo e agiscano per limitare e far limitare l’assunzione di alcol, supportate da politiche adeguate di limitazione degli alcolici, specie nei luoghi di aggregazione sociale. Per tutti vale il principio di precauzione: laddove l’evidenza scientifica non è esaustiva o definitiva, l’approccio di prudenza e di sobrietà può salvare tante persone”.

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