Il Bisenzio, che nasce sopra Vernio in provincia di Prato e che dopo quarantasette chilometri confluisce nell’Arno all’altezza di Signa, è stato in assoluto il protagonista in negativo della drammatica alluvione che ha devastato la Toscana Centrale negli ultimi giorni. I comuni di Cantagallo, Vernio e Vaiano, la zona nord-ovest di Prato, Montemurlo e Campi Bisenzio sono state le zone più colpite dove i danni delle copiose piogge sono stati i più gravi ed evidenti. Una calamità naturale anomala, mai registrata così imponente nell’ultimo secolo da queste parti, dove la quantità di acqua caduta in poche ore ha persino superato quella che provocò l’alluvione di Firenze del 1966.

I danni maggiori per le aziende del distretto laniero

È proprio lungo il corso del fiume pratese che, fin dai primi anni del Novecento, sono state costruite moltissime aziende tessili raccontate spesso dal Premio Strega Edoardo Nesi nei suoi libri: lanifici, rifinizioni, tessiture, follature e così via. Sfruttando proprio quell’acqua che, dalle ripide curve della selvaggia vallata, arrivava veloce fino alla vicina città sia per raffreddare le caldaie dei carbonizzi che per risciacquare le pezze nelle vasche delle tintorie. Ed è per questo che, mentre migliaia di volontari stanno ancora liberando le tantissime case travolte dal fango, i danni maggiori sembrano essere quelli che riguardano le aziende del distretto laniero. Quelle che si trovavano lungo il Bisenzio e quelle che sono state costruite tra i fossi e i canali che una volta suddividevano le campagne attorno a Prato.

L’arrivo a Prato nella giornata di ieri del Ministro degli Esteri Antonio Tajani e il suo annuncio sui 100 milioni di euro a fondo perduto messi subito a disposizione dalla Farnesina per quelle aziende pratesi che esportano i loro prodotti all’estero, sono solo una piccola prima buona notizia per quel comparto produttivo che ha appena iniziato a conteggiare i danni irreparabili sia per quanto concerne la produzione stagionale che per quanto riguarda i macchinari. Il distretto pratese, che sicuramente si aspetta che il governo intervenga in maniera più importante sul piano degli aiuti concreti, si ritrova così, costretto nuovamente in ginocchio, soltanto pochi mesi dopo la grande crisi dovuta al Covid. Molte aziende hanno già fatto sapere che, stavolta, non avranno sicuramente la forza di ripartire nuovamente. Ed è un aspetto che può avere conseguenze drammatiche per tutto il territorio.

Il diverbio tra Giani e Biffoni

Ha colpito molto, in questi giorni, l’ennesimo battibecco tra il Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e il sindaco di Prato Matteo Biffoni. Il primo, infastidito probabilmente dalle pressanti ambizioni del secondo, si è ritrovato a doversi giustificare più volte per una comunicazione sull’emergenza che stava arrivando che ha innescato molte polemiche sia per la scarsa precisione che per le tempistiche sbagliate. Arriverà sicuramente un tempo però più opportuno per le polemiche ma soprattutto per individuare le responsabilità di una gestione sul piano idrologico che ha lasciato a desiderare, dei troppi tombini occlusi dalle foglie e dei canali, torrenti e ruscelli privi della necessaria manutenzione preventiva. E arriverà anche il momento per riflettere sull’atteggiamento di una politica che, ormai priva di quella credibilità necessaria per essere ancora riferimento dei cittadini in questi momenti difficili, si ritrova costretta a non avere altra scelta se non quella di indossare gli indumenti arancioni della Protezione Civile. Ne abbiamo visti davvero troppi, in questi giorni, di politici vestiti con giubbotti e gilet fluorescenti in favore di telecamera e di selfie. La politica dovrebbe legiferare contro il dissesto idrogeologico, impedire che venga costruito sugli argini dei fiumi o nelle zone alluvionali e, non per ultimo, avrebbe il dovere di controllare che le società di servizi abbiano le risorse necessarie a mantenere i letti dei torrenti e i tombini puliti. Tutto il resto è avanspettacolo che manca soprattutto di rispetto a chi, in queste ore, è alle prese col fango e col colore.

Jonathan Targetti

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