Parliamoci chiaro. Se c’erano una volta il classico acquazzone previsto con due giorni di anticipo dal colonnello Bernacca, con fasi climatiche persino annuali anticipate dal Calendario di Frate Indovino, oggi ci sono temporali autorigeneranti, improvvisi flash floods o urban floods, cicloni extratropicali, tifoni, uragani, tornado. La meteorologia è da brivido e i nostri laboratori di monitoraggio e modellistica tra i più avanzati del mondo provano a ridurre margini di errori tra previsioni e realtà.

Argini e difese di Cavour

Sappiamo bene che le precipitazioni tropicalizzate e a carattere esplosivo impattano sull’idrologia più complessa d’Europa e sull’urbanizzazione più selvaggia e abusiva. Abbiamo l’esorbitante numero di 7.546 corsi d’acqua torrentizi, che per complessivi 20.000 chilometri scorrono tombati sotto città cresciute anche grazie a 4 condoni edilizi che hanno prodotto ben 15.431.707 domande di sanatoria di edilizia accatastata, anche su aree alluvionali e franose. Abbiamo argini e difese risalenti ai tempi di Cavour ma siamo hotspot di eventi estremi innescati dalla sempre più calda temperatura delle acque superficiali del Mare Nostrum con dinamiche simili alla “Depresión Aislada en Niveles Altos” che ha sconquassato Valencia e dintorni.

L’Italia affronti la sfida del cambiamento climatico

Bisogna agire ora, prima di affondare. Caro governo e care opposizioni, cari sindacati e cara Confindustria: di fronte all’escalation di catastrofi – con danni ormai per 6 miliardi all’anno – e a circa 11.000 “nodi di rischio” dove mettere mano, siglate una tregua, un patto, un accordo. Riattivate una struttura tecnica operativa che da Palazzo Chigi coordini 20 strutture tecniche regionali.

L’Italia ha tutte le competenze e ciò che serve per evitare guai peggiori. Inserite risorse in Finanziaria, rimodulate il Pnrr, affrontate per una volta uniti la sfida che segna un bivio. Un paese di furbi, come ci vantiamo di essere, aumenterebbe così anche PIL e occupazione.

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