A maggio scorso erano stati arrestati perché la procura di Bologna, pm Stefano Dambruoso ex copertina di Time da Milano ai tempi del fondamentalismo islamico, e il giudice delle indagini preliminari avevano visto l’associazione sovversiva finalizzata al terrorismo persino in cortei manifestazioni e sit-in in solidarietà con i detenuti, la cui condizione di vita era stata aggravata dall’emergenza Covid. Adesso la Cassazione spiega che la dozzina di anarchici del capoluogo emiliano non doveva assolutamente finire in carcere.

Dalla Suprema Corte arriva una lezione di diritto. «Non è predicabile soltanto in ragione della comune adesione all’ideologia anarchica un effettivo e reale contagio del gruppo investigato da parte di idee e finalità terroristiche eventualmente sviluppatesi in altre cellule della galassia anarchica mentre viene richiesto al giudice di merito di fornire la prova di una tale e concreta contaminazione che deve portare alla gemmazione di cellule autonome aventi le caratteristiche dell’associazione sovversiva con finalità di terrorismo», scrivono i giudici della Cassazione sposando le posizioni del tribunale del Riesame che aveva scarcerato a giugno dopo tre settimane tutti gli arrestati. Nel motivare la decisione si ricorda inoltre che non sono state rinvenute armi ma unicamente artifici pirotecnici aste e bastoni impiegati per dispiegare bandiere o stendardi.

L’acquisto di maschere antigas non era finalizzato al compimento di azioni violente ma a scopi protettivi in vista di possibili azioni delle forze di polizia in occasione delle manifestazioni di piazza. E nel corso dei cortei e delle manifestazioni alle quali parteciparono gli indagati «al di là di qualche imbrattamento e danneggiamento non vi fu mai un pericolo concreto per la pubblica incolumità». In occasione dell’incendio di un impianto di ricetrasmissione diventato il piatto forte della ricostruzione accusatoria la Cassazione dà ragione al Riesame su tutta la linea. C’era l’obiettivo di danneggiare la struttura «ritenuta espressione dell’assoggettamento alle tecnologie da parte delle istituzioni dello Stato piuttosto che la volontà di causare un pericolo di devastazione di maggiori proporzioni”. Poco più di un’azione dimostrativa insomma.

Va considerato poi che le riunioni pubbliche in piazza e nelle adiacenze delle carceri si erano svolte usando ogni precauzione, dalle mascherine al rispetto della distanza tra le persone. Per cui l’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo era apparsa spropositata e animata dalla volontà di reprimere il dissenso rispetto alle politiche securitarie del governo, come aveva sottolineato nel replicare al ricorso della procura l’avvocato Ettore Grenci.

La Cassazione ha confermato che si trattava di attività politica legittima, alla luce del sole. Il pm Dambruoso insomma ha fatto flop. Nell’ambito di un’altra indagine sugli anarchici si aspetta che sempre la Cassazione spieghi perché il 4 dicembre scorso aveva rispedito al Riesame di Roma gli arresti effettuati a giugno. In questo caso però gli indagati sono tuttora detenuti.