Nel Sì&No del giorno del Riformista, spazio al dibattito sul contributo da 2000 euro chiesto agli extracomunitari per accedere ai servizi del Ssn. Giusto far pagare 2000€ per accedere alle cure? Le ragioni del sì sostenute da Marco Osnato, deputato di Fratelli d’Italia. Quelle del ‘no’ da Giulio Pinco Caracciolo, giornalista del Riformista.

Di seguito l’intervento di Marco Osnato

Il dibattito su questo punto della legge di bilancio sarebbe di per sé surreale, se non rischiasse di disinformare numerosi cittadini extracomunitari che si trovano in Italia. Prima di giudicare il provvedimento bisognerebbe ribadire due verità incontrovertibili.

Primo: il diritto alla salute resta garantito su base universalistica, perché così prescrivono tutte le organizzazioni e i trattati internazionali cui l’Italia aderisce. “Ma come?! – dirà qualcuno – in America chi non ha i soldi per pagarsi l’assicurazione viene lasciato per strada”. Non è così, per fortuna, e sarebbe assurdo ipotizzare il contrario: la cultura occidentale è fondata sul primato della persona umana e sulla sacralità della vita. L’Italia — che alla medicina moderna ha dato tantissimo — non è mai stata da meno, fin da prima dell’istituzione del Servizio sanitario nazionale.

Secondo: l’intervento contenuto nella legge di bilancio si applica a pochissime persone, cioè a coloro con cittadinanza di Paesi extra-Ue che siano nel nostro Paese soltanto in via temporanea o senza aver dato una “stabile organizzazione” alla loro esperienza tricolore. Chiunque abbia un lavoro — sia esso dipendente o autonomo — continuerà a non dover pagare nulla, come pure chi al permesso di soggiorno per motivi professionali (o alle varie forme di asilo o protezione) accompagna un’iscrizione ai centri per l’impiego.

Chi è comunque mosso da motivi di studio o “collocato alla pari”, svolgendo piccoli lavori domestici in cambio dell’alloggio, potrà versare un contributo ridotto. Solo chi si trova in Italia per motivi assolutamente transitori, o la cui attività (es. per le organizzazioni internazionali) sia regolata da contratti non italiani, potrà iscriversi volontariamente al Ssn versando 2mila euro. I numeri, quindi, restano decisamente esigui: circa 200mila persone in tutto, per un gettito stimato di 240 milioni (1200 a testa, in media). Non cambia il principio di fondo: per chi non ha nell’Italia il centro della propria vita, il Ssn è appunto un “servizio” a pagamento, il cui gettito viene destinato alle prestazioni per gli aventi diritto.

Era così anche prima; il Governo ha solo adeguato il contributo richiesto a chi opti per questa soluzione: era fermo al valore nominale di 25 anni fa. La nuova norma riflette esattamente il costo sopportato dalla fiscalità generale per l’intero comparto sanitario: circa 2100 euro pro capite; in media, come visto, il versamento sarebbe molto inferiore. Si tratta forse di un principio scandaloso? Direi proprio di no; solo buonsenso, in una fase nella quale purtroppo tanti piccoli benefici attribuiti a persone che potrebbero farne a meno devono essere tagliati, affinché i più deboli possano ricevere vantaggi più ampi e tangibili.

È verosimile che la norma colpisca individui tutt’altro che fragili e poco abbienti; anzi, relativamente benestanti: a pagare 2mila euro sarebbero persone assunte nei loro Paesi d’origine — solitamente per posizioni di medio-alto livello retributivo — o comunque abbastanza benestanti da permettersi un soggiorno prolungato. E se qualche persona in difficoltà finanziaria si vedesse caricata di una cifra insostenibile, la rete di welfare degli enti locali e del terzo settore sarebbe comunque in grado di aiutarla. Il nostro Ssn era, è e resterà aperto a tutti; basta non “volere la luna” da un Paese che ha tanti residenti — italiani e stranieri — in difficoltà, per i quali lo Stato intende scongiurare che i problemi di salute diventino anche problemi economici.

Marco Osnato

Autore

Deputato Fratelli d'Italia