Nel Sì&No del giorno del Riformista, spazio al dibattito sul contributo da 2000 euro chiesto agli extracomunitari per accedere ai servizi del Ssn. Giusto far pagare 2000€ per accedere alle cure? Le ragioni del sì sostenute da Marco Osnato, deputato di Fratelli d’Italia. Quelle del ‘no’ da Giulio Pinco Caracciolo, giornalista del Riformista.

Di seguito l’opinione di Giulio Pinco Caracciolo

La sanità pubblica è a rischio e ormai da mesi le Regioni richiamavano all’attenzione del governo i problemi economici del settore salute. A pesare sui bilanci diversi fattori tra cui i rinnovi contrattuali, i rimborsi da parte delle industrie del biomedicale e l’inflazione. Ma dalla nuova manovra sembra essere arrivata una soluzione. Il governo vuole fare cassa sulla salute. Di chi? Quella degli stranieri non comunitari che sono tenuti all’iscrizione volontaria al Ssn. Fino ad oggi da quest’area si incassavano 84 milioni di euro all’anno, ora con l’aumento delle tariffe sono attesi ben 240 milioni. Nello specifico gli aumenti più ingenti riguardano i lavoratori stranieri non comunitari alla pari che dovranno pagare molto di più per iscriversi, passando da 219 euro a 1.200 euro e soprattutto per i lavoratori stranieri che sono tenuti all’iscrizione al Ssn – personale diplomatico, ministri di culto, dipendenti stranieri di organizzazioni internazionali, giornalisti corrispondenti stranieri, dirigenti di multinazionali – passano da una media di 1.200 euro a un forfait di 2.000. Nota più dolente, che personalmente mi trova in disaccordo, è l’applicazione di questi aumenti anche ai familiari ultrasessantacinquenni di stranieri entrati in Italia grazie al ricongiungimento familiare.

La contraddizione con la necessità di rendere effettivo il diritto alla salute senza produrre nuovi ostacoli è piuttosto evidente. Come è altrettanto chiaro che la nuova misura sia incompatibile con i contenuti dell’articolo 34 del Testo unico dell’immigrazione – che non prevede discriminazioni – e che va a scontrarsi con i principi stabiliti dalla Costituzione e con il diritto dell’Unione europea. Vero è che si tratta di un adeguamento economico di un contributo che già esisteva e che non veniva più aggiornato dal 1998 e che, in questi termini, riguarda una nicchia piuttosto ristretta di persone: circa 200mila. Un adeguamento che andrebbe a colpire individui abbienti, quindi stranieri extracomunitari che tutto sommato potrebbero permettersi di pagare. Ed è proprio qui che può sorgere una legittima obiezione. Stiamo dando per scontato che possano permettersi questo adeguamento solo perché si tratta di persone che hanno la possibilità di soggiornare a lungo nel nostro Paese. Assolutamente nulla da dire per chi, in base al reddito, può pagare ma resta comunque escluso da questo conteggio chi non se lo può permettere e che sarebbe inevitabilmente limitato nell’accesso all’assistenza sanitaria.

Pur essendo rientrato il polverone scatenato inizialmente da una nota generica e per niente circostanziata del Mef che sembrava far intendere che la misura riguardasse tutti i cittadini extracomunitari, il problema comunque rimane sulla tutela degli individui e sul fatto che le cure debbano essere gratuite per i poveri. Ergo, se gli stranieri extracomunitari sono nullatenenti devono essere assistiti gratuitamente. L’art.32 della Costituzione non parla di cittadini ma di individui e quindi il diritto alla salute deve essere garantito in ogni caso anche a chi non può pagare. Qualcuno risponderà che esistono enti caritatevoli come quando esistevano per i cittadini italiani prima dell’entrata in vigore del Sistema Sanitario Nazionale nel 1981 ma sono enti che vivono con il contributo del volontariato e delle sovvenzioni spesso private.

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