Tre anni. È il tempo passato dall’omicidio dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere scelto Vittorio Iacovacci e dell’autista del Programma alimentare mondiale Mustapha Milambo. Oggi ricorre, infatti, il terzo anniversario da quell’attacco in Congo dove morirono i due italiani e il congolese. La Farnesina ha deciso di ricordare il proprio diplomatico con un minuto di silenzio nei suoi uffici. Ma intanto, nei mesi e nelle settimane scorse, il ministero degli Esteri e il governo italiano si sono fatti scivolare addosso il processo ai danni del funzionario del Pam Rocco Leone, scegliendo di non costituirsi parte civile e poi sostenendo la posizione dell’agenzia dell’Onu in merito all’immunità per i propri dipendenti.

Il post di Tajani su Attanasio

Oltre al minuto di silenzio, anche il ricordo personale del ministro degli Esteri Tajani. “Voglio ricordare oggi, con commozione, l’Ambasciatore Luca Attanasio e il Carabiniere Vittorio Iacovacci nel terzo anniversario della loro tragica morte. Due servitori dello Stato, che con dedizione e impegno hanno onorato l’Italia fino all’estremo sacrificio” ha scritto il vicepremier Tajani sui suoi social. Un modo istituzionale per omaggiare il diplomatico e il militare, se non fosse che la Farnesina in maniera ufficiale si è esposta a favore dell’immunità per i due funzionari del Pam coinvolti.

A che punto è il processo sull’omicidio dell’ambasciatore Attanasio

L’anniversario non può cadere in un momento più amaro di questo. Solo la settimana scorsa, infatti, il gup di Roma Marisa Mosetti ha disposto il non luogo a procedere per i due funzionari del Pam, l’agenzia dell’Onu, Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza, accusati di omicidio colposo nel filone dell’inchiesta italiana. Niente processo, quindi, e non si potrà neanche entrare nel merito delle accuse.

In pratica, i due funzionari erano stati accusati dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco di aver “attestato il falso, al fine di ottenere il permesso dagli uffici locali del Dipartimento di sicurezza dell’Onu, indicando nella richiesta di autorizzazione alla missione, al posto dei nominativi dell’ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci quelli di due dipendenti Pam così da indurre in errore gli uffici in ordine alla reale composizione del convoglio e ciò in quanto non avevano inoltrato la richiesta, come prescritto dai protocolli Onu, almeno 72 ore prima”.

Non avrebbero quindi informato ufficialmente che su quel convoglio ci sarebbero stati il diplomatico e il carabiniere. Ma allora perché il gup di Roma ha preso tale decisione? Ci sarebbe un “difetto di giurisdizione” sull’immunità per i due funzionari del Pam.

Il nodo dell’immunità dei funzionari del Pam e la posizione della Farnesina

La procura di Roma era andata avanti ma si è scontrata contro lo scudo dell’immunità dei due funzionari del Pam. L’agenzia dell’Onu, infatti, ha subito coperto i suoi due dipendenti Leone e Rwagaza. Tuttavia, la procura di Roma riteneva non ci fossero le condizioni per l’immunità e che i due non fossero presenti negli elenchi delle persone coperte da tale privilegio. A quel punto la Farnesina è stata convocata dalla gup. Il ministero degli Esteri ha inviato il ministro plenipotenziario Stefano Zanini e Valentina Savastano, capo ufficio II del Cerimoniale diplomatico della Repubblica. I due hanno risposto alle domande del giudice: secondo la Farnesina, “nella documentazione ricevuta dall’Onu relativamente allo status dei due funzionari (…) si desume che i due imputati erano identificati, preventivamente ai fatti e nei confronti dello Stato nel cui territorio sono avvenuti i fatti stessi, come funzionari internazionali dipendenti del Pam, in quanto tali aventi titolo al trattamento previsto dalle Convenzioni internazionali”.

Secondo i Trattati, le agenzie dell’Onu devono presentare ogni anno una lista dei propri funzionari in attività in modo da dichiararli coperti da immunità. Ma è una norma che non viene rispettata perché “per consuetudine” si considerano i funzionari già al riparo da tale scudo. Per questo gli elenchi non sono aggiornati, tanto che il nome di Rocco Leone non vi compare. In pratica, la Farnesina ha sostenuto che prevale il diritto consuetudinario internazionale. Intanto, le Nazioni Unite hanno alzato la pressione negli scorsi mesi sull’Italia, premendo su Roma affinché il procedimento non proseguisse. Tra l’altro la sede del Pam è ubicata proprio a Roma, dal 1961.

La rabbia del papà di Attanasio contro lo Stato e il governo

I pm di Roma hanno annunciato l’intenzione di ricorrere in Cassazione, ma dopo la decisione di fermare il processo Salvatore Attanasio, il padre dell’ambasciatore, non ha nascosto tutta la sua amarezza: “È mancato il coraggio“. Ma il papà di Luca è deciso: “Non ci fermeremo, questo è certo. Non importa contro chi dovremo andare. Oggi ha perso la giustizia, ma si è anche sprecata un’occasione per far valere la dignità del nostro Paese”. Poi il papà di Luca si è scagliato contro il governo e lo Stato: “Nonostante tante promesse sulla ricerca della verità, l’Italia si è tirata indietro al primo scoglio. Eppure è stato ucciso un suo rappresentante, insieme a un suo servitore e al povero autista. Ci sono troppi elementi che stridono in questa vicenda, che non può scivolare nell’oblio”. Una reazione simile anche da parte dei familiari di Iacovacci.

L’attacco in Congo

I tre uomini furono uccisi in un agguato nella zona del Parco nazionale del Virunga, vicino alla città di Goma, in Congo. Un gruppo di banditi locali, composto da almeno sei membri (il numero di persone condannate in fretta e furia all’ergastolo in Congo) ha attaccato il convoglio su cui viaggiavano Attanasio e Iacovacci e che guidava Milambo. Sarebbe stato un tentativo di estorsione, soldi per poter proseguire sulla loro strada, poi diventato un tentativo di rapimento finito nel peggiore dei modi. Nelle ricostruzioni fatte dell’attacco, però, ci sono ancora dei punti oscuri che probabilmente saranno difficili da scoprire.

La moglie: “Non ho perso solo un marito, Luca era tante cose”

La moglie di Attanasio, Zakia Seddiki, non ha voluto parlare delle vicende processuali, ma in occasione dell’anniversario della morte del marito ha raccontato, in un’intervista su Repubblica, il suo ricordo del diplomatico, anzi di Luca: “Era un uomo concreto e io lo onoro concretamente, con le scelte che compio tutti i giorni. So che sembra strano, ma io dialogo con Luca anche se a distanza, lo interpello quando devo prendere delle decisioni. Continuo a sentirlo, trovo segnali della sua presenza, tra noi c’è una connessione”.

“Con Luca non ho perso solo un marito ma più persone insieme, Luca per me era tante cose. La forza di andare avanti me l’ha data la responsabilità di far vivere tre bambine nella memoria del padre e di crescerle come avevamo immaginato insieme” ha aggiunto. Nell’intervista, la donna ha ripercorso anche il suo primo incontro con Luca Attanasio: “Ci siamo conosciuti il giorno di san Valentino, grazie a un amico comune. Dopo quella prima serata, nel nostro magico Marocco, ci siamo scambiati i numeri e da lì è iniziato tutto. Luca era una persona con una spontaneità che ci vuole un po’ di tempo per comprendere, era del tutto naturale, come se fosse rimasto bambino dentro, e questo lo rendeva anche un po’ goffo, era sempre sorridente, con una barzelletta pronta”.