Siamo in una fase politica veramente complicata; l’Unione europea non è assolutamente in grado di gestirla, soprattutto per via dei grandi contrasti tra gli Stati membri. Si vede da tanti esempi, a partire dalla guerra in Ucraina per arrivare al Medio Oriente. I Balcani però sono l’esempio più eclatante della mancanza di una politica estera coerente a livello europeo, e coordinata fra gli stati membri.

L’Unione europea nei Balcani perde la sua credibilità, ma anche la sua presa, perché continua a sostenere politici che hanno a cuore soltanto il potere e il proprio interesse personale. La giustificazione è sempre quella che almeno loro li si conoscono. Si tratta di politici che rappresentano estremisti, nazionalisti e che rischiano di far scoppiare nuovamente conflitti aperti e violenti nella regione. Così facendo, si rafforzano solamente questi personaggi semi-autoritari e auto-referenziali, lasciando invece nell’ombra alternative più democratiche, solide e positive per il bene di quei paesi.

Lo dimostra il caso della Serbia, dove il presidente Aleksandar Vucic viene continuamente aiutato dall’Unione europea che mantiene alta la pressione (ingiusta) nei confronti del Kosovo. Lui è solito a usare una retorica palesemente nazionalista, e dei toni aggressivi e fuori dalle righe. Non solo, ma a mesi dalle elezioni serbe ancora non ci sono state investigazioni sulle irregolarità e non ci sono state alcune conseguenze per il governo serbo e il suo presidente. Come se non fosse successo niente, silenzio su tutta la linea. Se è questa la politica che l’Unione europea intende adottare, è anche inutile lamentarsi se dopo questi politici hanno il controllo assoluto sullo stato e non solo. Sanno di poter fare ciò che vogliono, sanno che non ci saranno reazioni né dall’Unione europea e né dagli Stati Uniti. Hanno campo libero.

Dobbiamo chiederci se davvero è ciò che vogliamo per il futuro del nostro continente. L’appeasement già in passato ha fallito, ma oggi intendiamo sostenere questi stati per farli entrare nell’UE come partner. Come potrà mai essere sostenibile un’adesione di tali stati? Oltre a Vucic, i Balcani hanno altri leader autoritari: uno è Milorad Dodik, presidente della Republika Srpska, l’entià a maggioranza serba in Bosnia ed Erzegovina. È principalmente conosciuto per le sue continue minacce di secessione, per i suoi insulti nei confronti del gruppo bosgnacco e per i suoi tentativi di alimentare continue polemiche nei confronti dell’Unione europea. Eppure, ad oggi, è sanzionato solo dagli Stati Uniti, non dall’Unione europea – a causa del veto dell’Ungheria. Ennesima riprova che abbiamo un problema serio, istituzionale certo, ma anche politico. Dodik e Putin tra il resto si sono incontrati il 21 febbraio a Mosca, incontro proficuo, manifestata dalla dichiarazione rilasciata alla fine. che la Russia è e sarà per sempre amica della Republika Srpska.

L’Unione europea sta perdendo tutta la sua credibilità nei Balcani, e sembra non rendersene nemmeno conto. Se si ascoltano i discorsi a Bruxelles, si capisce che c’è un totale distaccamento dalla realtà. La speranza che Vucic o Dodik si allontanino da Putin per avvicinarsi all’Unione europea è totalmente irrealistica e fondata su fondi europei donati alla Serbia che non stanno né creando lo stato di diritto né migliorando la lotta contro la corruzione, ma piuttosto alimentando il regime. Soldi spesi male, visto che il governo serbo non ha alcuna intenzione di rispettare i valori europei.

Servirebbe un completo reset della politica europea nei Balcani; ricambio totale di politici a livello europeo che si occupano di Balcani e un focus serio su un futuro degli stati dell’area come membri dell’Unione europea. Di conseguenza quindi, c’è bisogno di un approccio più duro e severo nei confronti di Vucic e Dodik. Ad ora, ci sono due politici in particolare che hanno adottato questo approccio e cercano di mantenere la voce alta su questo: l’ex sottosegretario europeo tedesco Michael Roth, e la deputata britannica Alicia Kearns. Sono gli unici infatti che hanno sostenuto (e continuano a sostenere) il Kosovo dopo che l’Unione europea ha imposto delle sanzioni ingiuste, e sono sempre gli unici a parlare di Bosnia ed Erzegovina e a cercare di far capire che i cittadini bosniaci meritano un futuro serio e concreto.

E allora, se a Bruxelles ci togliamo le lenti di burocrati, forse riusciamo a capire che qui si sta parlando del futuro delle persone in quei paesi, non di numeri, non di soldi e tantomeno non di lusso. Stiamo parlando di riconciliazione, giustizia, fatti, futuro. Il Kosovo è il paese che più si sta impegnando per il processo di allargamento; è dunque giusto punirlo, solamente perché la Serbia rifiuta categoricamente di riconoscerlo? E parlando di Bosnia ed Erzegovina, è giusto non capire che finché l’UE rifiuta di imporre sanzioni a Dodik, ha poco da dire per quanto riguarda i suoi tentativi di secessione?

L’Unione europea deve agire ora. Non quando scoppierà un’altra guerra, non più del tutto improbabile nei Balcani- No, L’UE deve agire ora, anche per non farsi  sorpassare da altri attori, come la Russia o la Turchia. Un tale scenario sarebbe devastante per gli nostri interessi europei, ma anche per le popolazioni degli stessi stati dell’area.

 

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Nata a Trento, laureata in Scienze Politiche all’Universitá di Innsbruck, ho due master in Studi Europei (Freie Universität Berlin e College of Europe Natolin) con una specializzazione in Storia europea e una tesi di laurea sui crimini di guerra ed elaborazione del passato in Germania e in Bosnia ed Erzegovina. Sono appassionata dei Balcani e della Bosnia ed Erzegovina in particolare, dove ho vissuto sei mesi e anche imparato il bosniaco.