Lo strisciante giustizialismo, divenuto cifra costante nella “cultura” del nostro Paese, arriva spesso a colpire non soltanto persone ma anche attività imprenditoriali essenziali per il tessuto produttivo e per la tenuta sociale in un contesto di crisi economica ormai ultradecennale. “Fare di tutta l’erba un fascio” oltre a essere ingiusto è molto pericoloso ma è quello che accade sempre più spesso.

È quello che, ad esempio, accade nell’Italia meridionale relativamente alle vicende della Banca Popolare di Bari dove una situazione di crisi rischia di offuscare il lungo e positivo sostegno del “sistema-banche popolari” all’economia dell’intero Mezzogiorno. Quelli che viviamo sono anni estremamente difficili per l’economia.

Lo sappiamo e lo ripetiamo spesso ma lo dimentichiamo troppo facilmente nella foga di condannare tutto e tutti. E allora l’Associazione fra le Banche Popolari ha provato, dati alla mano, ad accendere un faro pubblicando un’analisi dell’attività del Credito popolare nel sostegno all’economia reale nel Mezzogiorno. Si scopre così che gli impieghi vivi (quelli cioè senza sofferenze) delle Banche Popolari con sede nel Mezzogiorno sono cresciuti, negli ultimi 10 anni, del 14%, quasi tre volte quanto quelli dell’intero sistema bancario il cui dato è stato pari al 5,5%. A metà del 2019, gli impieghi al Sud, sempre delle Popolari, superano i 25 miliardi di euro e i depositi i 24 miliardi. Nello stesso periodo i flussi di nuovi finanziamenti alle Pmi delle Popolari sono stati pari a 115 miliardi di euro per le aziende minori e quelli alle famiglie per i mutui hanno raggiunto i 39 miliardi. Sono numeri dietro i quali ci sono persone, soprattutto piccoli e medi imprenditori che, grazie a questi finanziamenti, hanno potuto dar vita o rilanciare concrete attività produttive; ci sono posti di lavoro e ci sono famiglie che hanno potuto acquistare una casa.

Sono numeri importanti e lo sono ancora di più se si considera che – come ha segnalato anche il Rapporto Svimez 2019 – nell’ultimo ventennio, la politica economica nazionale ha letteralmente “disinvestito” dal Mezzogiorno con il risultato che il pil dell’area ha perso quasi il 20% del suo valore, che il calo degli investimenti al Sud ha superato il 30% e il ritardo rispetto al Centro Nord è oggi maggiore di quello degli anni Settanta rendendo drammatica la spirale di disoccupazione, emarginazione, emigrazione di giovani, bassa natalità e invecchiamento della popolazione.

In questo quadro, poter rivendicare, anche grazie a una presenza capillare sul territorio con quasi 1.000 sportelli (unico riferimento creditizio per 80 Comuni del Meridione!), l’imprescindibilità del proprio ruolo nell’economia reale è senz’altro importante per le Banche Popolari e del Territorio, ma lo è ancor di più per quel tessuto produttivo locale che ha visto salvaguardate numerose realtà che altrimenti o non sarebbero mai nate o sarebbero state stritolate dalla crisi. Sono risultati positivi e importanti che non devono servire a nascondere le difficoltà ma sono risultati che non possono essere ignorati.

Se ci si libera dai furori ideologici e dalle foghe giustizialiste, si può capire quanto il compito delle Popolari nel Mezzogiorno sia essenziale a contenere e a tentare di ridurre il gap con il Centro Nord.