Il caso
Baobab Experience, i volontari rischiano fino a 18 anni di carcere
Nell’ottobre del 2016 Andrea Costa, presidente di Baobab Experience, e altri due volontari dell’associazione che dal 2015 ha offerto supporto a più di 95mila persone migranti, avrebbero aiutato economicamente otto ragazzi sudanesi e un ciadiano ad acquistare dei biglietti di un treno per Genova. Secondo l’accusa questo configurerebbe il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina perché tale comportamento sarebbe stato diretto a provocare l’ingresso illegale dei migranti in un altro stato, la Francia. Per la difesa, invece, i migranti sarebbero andati da Roma alla sede della Croce rossa (Cri) di Ventimiglia in cerca di alloggio, dal momento che l’analoga struttura capitolina era piena e cinque giorni prima il presidio di Baobab in via Cupa era stato definitivamente sgomberato.
Il fatto risale a quel 2016 in cui la politica inizia ad additare le ONG – attive nell’accoglienza e nelle operazioni di ricerca e soccorso – come “taxi del mare” e a equiparare le loro azioni di salvataggio nel Mediterraneo centrale all’attività dei trafficanti. Il 3 maggio prossimo è attesa la sentenza di primo grado del processo in cui i tre imputati rischiano una pena che oscilla tra i 6 e i 18 anni di reclusione poiché la nostra legislazione non fa distinzione tra lo sfruttamento dei migranti a scopo di profitto e l’aiuto umanitario. Del caso si sta interessando anche Michael Phoenix che lavora all’ufficio delle Nazioni Unite come Un special rapporteur on the situation of human Rights defenders, ruolo che monitora i diversi casi giudiziari in cui c’è una criminalizzazione delle condotte di solidarietà.
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