Venezi fascista sei la prima della lista! Avrebbero gridato i compagni che sbagliano negli anni ‘70.
Il Tribunale del popolo, francese in questo caso, ha emesso la sua sentenza: Beatrice Venezi non dovrebbe poter suonare in Francia.

Capo d’imputazione: fascismo, fascismo, fascismo!
La talentuosa artista, direttore d’orchestra, è stata invitata dal sindaco macroniano di Nizza Christian Estrosi a dirigere l’orchestra filarmonica per il tradizionale concerto di Natale. L’invito ha suscitato le proteste del collettivo Touscitoyens06, come tutti i collettivi ovviamente allergico alla libertà di espressione e alla democrazia.

Ora, Beatrice Venezi andrebbe difesa d’ufficio anche solo per aver chiesto di essere chiamata direttore, ribellandosi a quel cacofonico e ipocrita vizio politicamente corretto di declinare al femminile nomi maschili.
Ma a maggior ragione va difesa in questa circostanza: non è la Venezi ad essere fascista, “fascista” (e anche comunista, perché la censura è un atteggiamento tipico di tutti i regimi illiberali) è pensare di censurare un artista per le sue idee.
È il fascismo degli antifascisti che si esprime in tutta la sua violenza ideologica.

Pensare di poter impedire a un artista di esibirsi non è accettabile in una democrazia liberale: eppure, accade. Succede con la cultura russa, che secondo qualche genio liberal sarebbe da censurare a causa della guerra di Putin.
Succede con la cancel culture negli Stati Uniti e ormai anche in Europa. Succede a Filippo Facci, che non può scrivere parole certamente discutibili senza che qualcuno non chieda di rimuoverlo dalla Rai.

Eppure nessuno che si chieda cosa ne sarebbe stato di Charles Bukowski se ci fossero stati nel ‘900 i diversity editor, i professionisti che controllano che libri e articoli siano politicamente corretti. In sostanza, censurano.
“Il talento non si inchinerà mai davanti a dei miserabili”. È stata la risposta della Venezi agli attacchi. Buon lavoro alla bella e brava Beatrice.

Benedetta Frucci

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