«È un duro lavoro combattere questo stato d’animo di sfiducia. Viene mossa ogni sorta di accusa. Il ponte potrebbe cadere. Il vento lo tirerà giù. I soldi non saranno sufficienti. Nessuno lo utilizzerà. Danneggerà il trasporto marittimo. È troppo lungo per essere percorso a piedi». L’autore di queste frasi, di questi pensieri, è John Roebling l’ingegnere tedesco che progettò il ponte di Brooklyn la prima struttura sospesa costruita in acciaio. Venne completato nel 1883. Leggerle oggi in qualche modo risolleva coloro i quali sono impegnati nella progettazione e nella realizzazione di quella che probabilmente diventerà l’opera infrastrutturale più iconica del Paese: il Ponte di Messina.

È strano entrare nel quartiere generale del Ponte, a Roma, proprio di fianco alla Stazione Termini. È qui che incontriamo Pietro Ciucci anima storica del progetto che nacque nella celebre puntata di Porta a Porta con ospite Silvio Berlusconi. Progetto che venne poi sbianchettato dalla fase depressiva di Mario Monti che negò le Olimpiadi, ridusse l’illuminazione notturna e fece arenare il Ponte. Ora, però, i tempi sono cambiati. Il progetto è più vivo che mai. Ciucci è amministratore delegato della società Stretto di Messina. In un altro Paese europeo sarebbe un uomo che godrebbe di consenso. L’incarnazione dello sviluppo. Da noi, invece, è diverso. Le opere infrastrutturali sono considerate quasi il demonio. E riuscire ad avviarle e completarle è una fatica dieci, cento volte più onerosa.

Deve difendersi da tutto Ciucci. Gliene hanno dette di ogni. E chissà quante gliene diranno oggi. Proprio ieri la società ha deciso che si prenderà tutti e quattro i mesi di tempo previsti dalla legge per rispondere ai 239 rilievi mossi dal ministero dell’Ambiente (il Mase). Quattro mesi e non trenta giorni, come invece sembrava. Scoppierà il pandemonio. «La realtà è che non c’è alcun ritardo. È un tempo previsto dalla legge e abbiamo scelto di sfruttarlo proprio per tacitare ogni polemica e rispondere ai rilievi in maniera approfondita e circostanziata. Anche noi ci teniamo all’ambiente. Su oltre 10mila elaborati, 239 rilievi ci sembra una cifra congrua. Vediamo l’aspetto costruttivo della richiesta di queste integrazioni, per alcune occorre un supplemento d’indagine sul campo. Ci sarebbero state più polemiche se il Ministero avesse chiesto solo dieci integrazioni. Il Mic, il ministero della Cultura, ha espresso parere positivo al nostro progetto e subito il Wwf ha gridato allo scandalo». Lo stato d’animo è lo stesso del progettista del Ponte di Brooklyn: «Qualunque cosa facciamo, veniamo criticati».

Li hanno criticati anche per il cosiddetto franco navigabile. L’accusa è che il ponte sarà troppo basso e le navi container non riusciranno a passare. Una roba da cartoni animati. In realtà il franco navigabile è 72 metri, più alto di quello del Canale di Suez. Ci rifiutiamo di trasformare questa conversazione in una difesa delle critiche che mai si estingueranno. Ci sembrerebbe un’occasione persa. Ciucci è orgogliosissimo dell’opera che diventerà un fiore all’occhiello dell’italianità. Non vede l’ora di parlare di futuro. Di come il Ponte cambierà l’economia del Meridione, e non solo. Ma ci tiene tantissimo a rispondere a provare a tranquillizzare i contestatori. Vaste programme direbbe De Gaulle. Anche per quel che riguarda gli espropri. Ci tiene a far sapere l’ovvio, e cioè che non toglieranno le case ai legittimi proprietari dalla sera alla mattina. E che un conto sono gli espropri di terreni e un’altra quelli delle prime case.

«Il progetto Ponte è più del Ponte», dice al Riformista. «Il Ponte sarà di 3.300 metri. Poi, però sono previsti 40 chilometri di strade e ferrovie, quasi tutte in galleria. È in programma l’apertura di più cantieri per il ponte, partiranno con gradualità». Nascerà anche una linea metropolitana che collegherà la Sicilia alla Calabria. «È stata una delle richieste del territorio. Faremmo un uso modesto del Ponte se lo destinassimo solo alla lunga percorrenza. Il collegamento locale consente un utilizzo migliore dei benefici che derivano da un collegamento così importante». Quando gli chiediamo perché c’è questo ostracismo antropologico verso le nuove infrastrutture, ci risponde così: «Il Ponte è una grande opera che va a modificare in maniera profonda il contesto consolidato di tutta un’area, va a toccare interessi specifici. Da giovane, mi spiegavano l’ottimo paretiano» secondo cui non si poteva migliorare la condizione di un soggetto senza peggiorare la condizione di un altro.

«E invece questo è un progetto che porta benefici a tutti. Forse questa resistenza al cambiamento si spiega col venir meno di un po’ di coraggio, con la volontà di mantenere e difendere lo status quo. La paura del cambiamento è insita nell’uomo. Poi, in questo caso c’è anche l’aspetto politico. Questo è stato il Ponte di Berlusconi e ora è diventato il Ponte di Salvini che ha fatto un lavoro straordinario, ci tengo a dirlo». Ciucci è una vita che si occupa di opere pubbliche. «Questo scetticismo di fondo lo riscontriamo sempre. Per tutte le grandi opere. Sono stato dieci anni presidente Anas, si figuri. Le ricordo benissimo ogni agosto le polemiche per la Salerno Reggio Calabria. Oggi sono particolarmente soddisfatto quando a ridosso di Ferragosto non si parla più di disservizi sulla SalernoReggio. La Tav, il Mose, tutti questi progetti sono stati bersagliati da critiche enormi. Critiche che determinano l’allungamento dei tempi e la crescita dei costi. Poi, una volta completate, l’atteggiamento cambia diametralmente. Oggi chi vorrebbe vivere senza la Tav che collega Napoli Roma e Milano?».

Ciucci lo chiama pentitismo infrastrutturale. «Sono uno dei tanti collaudatori del Mose. Con grande sorpresa, ma positiva, ho letto sui giornali titoli del tipo “il Mose salva trenta volte Venezia nell’ultimo anno”. Questo è il pentitismo. Dopo qualche anno, prendiamo tutti atto degli straordinari cambiamenti che un’opera infrastrutturale ha sulla vita quotidiana dei cittadini. Io sono spesso a Messina e a Villa San Giovanni, mi rendo conto di quanti limiti ci sono nella vita ordinaria, nella mancanza di un collegamento stabile. File monstre per l’imbarco ai traghetti, e non succede solo a Pasqua. Esiste un problema nell’organizzare la giornata di lavoro, come avviene ad esempio a Milano. I collegamenti sono precari, anche quelli aerei. Lì devi pernottare, anche se parti all’alba. Impieghi un’ora e mezza solo tra Catania e Messina. L’ultimo volo da Reggio Calabria per Roma è alle 15. Il treno più veloce impiega 5 ore. In una giornata, anche se parti la mattina molto presto, puoi avere al massimo due ore di lavoro».

«L’alternativa del Ponte – e finalmente Ciucci può parlare liberamente degli aspetti positivi senza averne timore – costringerà anche le linee aeree a offrire servizi migliori persino a costi più contenuti. Il Ponte assolve tanti ruoli strategici, lo dicevano anche i presidenti delle Regioni Occhiuto e Schifani. Diventerà attrattore di investimenti, sta già avvenendo. Sulla 106, sulla Salerno-Reggio, per l’alta velocità verso Sud che è l’opera infrastrutturale di cui più si sente la mancanza. Il collegamento ferroviario veloce fino in Sicilia rivoluzionerà ulteriormente la vita. Le distanze non si calcolano in chilometri ma in tempi di percorrenza. L’alta velocità verso Sud diventerà sostenibile quando ci sarà il Ponte che porterà sul continente i cinque milioni di abitanti della Sicilia». Recentemente l’Unione Europea ha reinserito il Ponte di Messina nella presentazione delle reti Ten-T, le reti transeuropee dei trasporti. Il Ponte rientrerà in uno dei corridoi del continente che parte da Helsinki e arriva fino a Palermo.

In Italia più di qualcuno ha storto il naso. «Lungo questo corridoio – prosegue Ciucci – ci sono tre interruzioni: il tunnel del Brennero che è in costruzione e dovrebbe essere ultimato tra il 2028 e il 2029, quello tra la Danimarca e la Germania e infine il Ponte sullo Stretto di Messina. Nel 2011 – ricorda con un pizzico di rammarico ma senza polemizzare – eravamo molto avanti, stavamo lavorando all’apertura dei cantieri. Prima della decisione del governo Monti. I danesi erano indietro rispetto a noi, loro però sono andati avanti e il tunnel vedrà la luce prima del 2030». Altrove, ad esempio in Spagna, un’opera del genere sarebbe accompagnata da un comprensibile orgoglio nazionalistico. Da noi no. Un giorno, immaginiamo, saremo sommersi dai gadget col Ponte di Messina, probabilmente diventerà set di numerosi film.

«Certamente l’opera avrà anche un rilevante aspetto turistico. È un aspetto importantissimo, ma io vedo di più la trasformazione della struttura economica. Con il Ponte cambia il sistema. Diventa più ampio. La frase “siamo al centro del Mediterraneo” acquisterà un valore strategico reale. Venivamo derisi 10-15 anni fa, quando sottolineavamo l’importanza di una piattaforma al centro del Mediterraneo, di una struttura logistica in grado di attrarre e servire il traffico. Da Augusta a Gioia Tauro ci sarà una complessa attività di scambi che non può non portare a un incremento della competitività del sistema stesso. Dieci anni fa eravamo considerati sognatori, idealisti. Oggi, per fortuna, in tanti parlano dell’importanza del Mediterraneo».

Ciucci ci tiene a sottolineare l’originalità del Piano finanziario. «In questi casi uno dei problemi più ostici sono i finanziamenti. Il Mose ogni anno aveva bisogno di uno stanziamento nella legge finanziaria. Questo tipo di approccio sarebbe stato pericoloso. A fronte di una spesa complessiva di 13,5 miliardi, lo stanziamento di un miliardo o due non avrebbe fornito livello di sicurezza necessario. Invece tutti i soldi sono stati stanziati. Questo elimina una delle fonti principali di incertezza, ossia la paura che un’opera venga iniziata e poi interrotta per mancanza di fondi. E non è un wishful thinking, è tutto previsto dalla legge». Infine i tempi. «I lavori partiranno dopo il Cipess (comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile). Ci arriveremo dopo l’ok per la valutazione di impatto ambientale e dalla conferenza dei servizi. Diciamo entro la fine dell’anno. Dopo il Cipess (e altri passaggi tecnici su cui sorvoliamo, ndr) ci sarà la realizzazione progetto esecutivo, che avverrà in più tranches. I lavori del Ponte e della Ferrovie proseguiranno in parallelo. Ci saranno i primi espropri, le attività sul territorio, le bonifiche di ordigni bellici, le indagini archeologiche, la soluzione delle interferenze (pali della luce, gas, fogne, reti). Sono attività molto complesse. Quindi le cantierizzazioni. Nella prima parte del 2025 dovrebbero esserci i primi cantieri e le prime ruspe. Salvini aveva detto in estate. Ma considerando che questa società non esisteva fino a giugno 2023, se in poco più di un anno riavviamo e mettiamo in fase operativa un progetto di questa importanza, possiamo dirci soddisfatti». L’apertura al traffico dovrebbe avvenire nel 2032. Starà poi a Paolo Sorrentino girare una scena iconica come fece Woody Allen in “Manhattan” col Ponte di Brooklyn.