Le due ore di colloquio tra il cardinale Matteo Maria Zuppi e il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, denotano il grande interesse della Casa Bianca per la missione di pace voluta da Papa Francesco. Missione di cui appunto è incaricato l’arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana.

Al centro della conversazione tra il porporato e il capo della Casa Bianca, la tragedia umanitaria in Ucraina, con i bambini deportati in Russia a essere il fulcro del dialogo. La diplomazia della Santa Sede ha subito messo al centro della propria missione quella di alleviare le sofferenze dei più piccoli coinvolti nelle dinamiche del conflitto. Ed è proprio su questo che il cardinale Zuppi ha provato a costruire un primo – per quanto fragile – ponte tra Mosca e Kiev, investendo in quella diplomazia umanitaria che Papa Francesco ha voluto che non fosse mai interrotta. Anche a costo di mandare il proprio inviato prima nella capitale della «martoriata Ucraina», poi alle porte di un Cremlino in preda alla rivolta della Wagner.

A Washington il presidente della Cei è tornato su quello che appare secondario nelle logiche della guerra ma che pure è tanto importante per inviare un primo segnale di pace: l’aiuto alla popolazione. Sul punto è apparso interessato anche Biden che, come dimostrato dal comunicato della Casa Bianca, si è focalizzato in particolare sul lato umanitario dell’iniziativa papale. Segnale di come gli Stati Uniti abbiano scelto di aiutare il Vaticano. Ma anche di come l’amministrazione Biden abbia molto a cuore il peso della diplomazia della Chiesa anche a fronte di un’America spesso apparsa distante o indifferente alle mosse di Francesco durante il conflitto.

Al contrario il «commander in chief», probabilmente anche per la sua fede cattolica, sembra avere la più alta considerazione della missione di Francesco e in generale del suo pontificato. In questo senso, la scelta di incontrare Zuppi per due ore mostra – già solo a livello formale – una stima per il ruolo dell’arcivescovo di Bologna, che di certo non aveva ricevuto la stessa accoglienza in Russia. Vero che a Mosca il cardinale aveva compiuto, già di suo, una missione fondamentale recandosi nella capitale di Vladimir Putin e incontrando una personalità-chiave come il patriarca Kirill.

Tuttavia a molti osservatori non era sfuggita l’assenza dello «zar», partito per il Daghestan mentre Zuppi arrivava a Mosca e mentre il Cremlino era oggetto della misteriosa marcia della legione di mercenari, così come l’assenza di personalità note o di peso all’interno del cerchio di potere moscovita.

Biden, inoltre, ha voluto lanciare anche un messaggio diretto a Francesco, rivolgendo – sempre durante la conversazione con il presidente della Cei – «i suoi auguri per il continuo ministero di Papa Francesco e per la sua leadership globale», con un accenno alla recente nomina a cardinale «di un arcivescovo statunitense». Parole che confermano la sinergia tra i due leader anche dopo mesi in cui le frasi del pontefice erano apparse spesso profondamente critiche riguardo certe politiche degli Stati Uniti, e che proprio per questo avevano fatto storcere il naso a più di qualcuno nello Stato profondo Usa.

Le parole di Biden e quelle altrettanto chiare di monsignor Paul Richard Gallagher, il quale aveva condannato chi interpretava le parole del capo della Chiesa cattolica come un vuoto «pacifismo» simile a certi mondi antiamericani della sinistra, sembrano manifestare però una rinnovata convergenza tra Casa Bianca e Sacri Palazzi. Per il presidente degli Stati Uniti, anche in vista delle elezioni del prossimo anno, avere un buon rapporto con Jorge Mario Bergoglio può essere importante anche in chiave di raccolta del voto cattolico e dei «latinos». Francesco, dal canto suo, sa che per vedere in Ucraina i risultati della sua missione umanitaria è necessario avere dalla propria parte l’America, che può convincere Kiev e Mosca a investire quantomeno su questo segmento diplomatico.