I social sono eternamente affamati di nuove polemiche. Voraci. Insaziabili. Per nutrirsene da due giorni a questa parte fanno ricorso a chi di cucina se ne intende. Pasta Rummo è finita nella bufera dopo la visita del vicepremier, Matteo Salvini. Il leader della Lega – e ministro delle Infrastrutture e trasporti – si ferma a Benevento per visitare, tra le altre tappe, lo stabilimento del noto pastificio. E il proprietario gli ha aperto le porte, ricevendolo per una breve visita ai laboratori. Non l’avesse mai fatto. In migliaia hanno gridato allo scandalo, fino addirittura a promuovere la campagna per il “boicottaggio” del marchio. Cresciuta con una veemenza inaudita e un numero di follower impressionante, come un ciclone. A fomentare la polemica, la circostanza che Salvini ha girato un video nel pastificio per dire “Evviva la pasta italiana”, esclamazione semmai banale. Con l’occasione Salvini ha trovato sorprendente il carico di lavoro dell’azienda: “Da qui escono ben 800.000 confezioni di pasta al giorno”, si è complimentato il ministro.

E qualcuno non ci ha visto più. La rete giura vendetta al pastificio. Il giornalista napoletano Marco Esposito, già assessore al Commercio del Comune di Napoli con de Magistris, illustra sui suoi profili social come e perché osteggiare il consumo di pasta Rummo. “Perché un boicottaggio sia efficace deve essere visibile. Io non comprerò Rummo fino a fine febbraio. Se lo faremo in tanti daremo un segnale senza danneggiare all’infinito un’azienda del Sud”. E meno male che indica un limite: lo sciopero dello scaffale durerebbe dunque un solo mese. Per “dare un segnale”. Quale? Tenere sbarrato l’ingresso dell’azienda qualora un visitatore sia sgradito agli influencer della rete?
Cosimo Rummo, l’imprenditore titolare dell’omonimo stabilimento, non se ne capacita. Non ha mai preso posizione politica, ha saputo dell’arrivo del ministro da “una telefonata da Roma”, chiarisce egli stesso, e lo ha accompagnato in una visita come fatto altre volte per altre personalità. Nel 2015 lo stabilimento era stato vittima di uno smottamento e il fango lo aveva devastato: furono numerose le autorità che andarono ad esprimere solidarietà. Adesso il clima è cambiato. “Nella mia azienda sono venuti nel 2017 il premier dell’epoca Paolo Gentiloni, l’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando e la ex segretaria della Cgil Susanna Camusso, quest’ultima per ben due volte”. Mai una polemica. Il sindaco di Benevento, Clemente Mastella, non nasconde lo stupore. “Pur non avendo contiguità politica con il vicepremier Matteo Salvini – dice sulla vicenda il sindaco di Benevento, Clemente Mastella, già ministro- trovo profondamente ingiusta la campagna social che si è scatenata dopo la sua visita al pastificio Rummo e che ha fatto registrare addirittura sconsiderati incitamenti al boicottaggio commerciale: la pasta Rummo, eccellenza nazionale made in Sannio, va preservata e difesa da partigianerie estremistiche che danneggerebbero anzitutto i lavoratori”. Anche Confindustria ha preso le difese dell’eccellenza campana. Il presidente degli industriali, Carlo Bonomi, ha affermato che “per noi imprenditori è sempre un onore poter ospitare un rappresentate delle istituzioni e membri del governo nelle nostre imprese”.

Ma i detrattori di Salvini non guardano in faccia a nessuno: l’azienda deve pagare per aver offerto il destro a uno spot del leader leghista. Ci sarebbe il piccolo problema che di questo boicottaggio farebbero le spese i lavoratori, i fornitori, i collaboratori dell’indotto. Il gruppo di Forza Italia alla Camera ha preso posizione e lanciato un hashtag per dirlo chiaramente, #iostoconRummo. È stato chiesto l’appoggio di Elly Schlein e Giuseppe Conte, i quali però non hanno ancora fatto sapere il loro parere. Prendono tempo, come su molte altre questioni. Peccato: in politica, come per la pasta, i tempi di cottura sono essenziali.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.