Borse in rialzo, Euro in apprezzamento e mercato obbligazionario in distensione con i rendimenti dei Btp in benigna discesa: gli investitori scommettono sull’Europa e privilegiano l’Italia, dopo l’accordo che dà il via libera al Recovery Fund. Le aspettative che si sarebbe raggiunto un compromesso accettabile erano in buona parte già incorporate nei prezzi, ma il messaggio arrivato alla fine della maratona di Bruxelles oltre che storico è potente: per la prima volta i Paesi dell’Unione ricorrono tutti insieme all’indebitamento per finanziare politiche fiscali in grado di rilanciare l’economia. La fiducia sulla capacità – anche e soprattutto politica – dell’Ue di tornare rapidamente alla crescita si rafforza. Era l’impulso che serviva. E sui mercati finanziari si accrescono le posizioni nelle attività denominate in Euro.

La Borsa di Milano, in particolare ha chiuso con l’indice di riferimento in rialzo dello 0,40%. Ci sono state prese di profitto nell’ultima parte della seduta, altrimenti l’incremento sarebbe stato più netto. A Francoforte, incremento di poco inferiore al punto percentuale per l’indice Dax, così come a Parigi per l’indice Cac 40. L’ Euro Stoxx 50, punto di riferimento del mercato azionario per l’eurozona, aggiunge uno 0,5% al 16% già messo a segno dal 18 maggio, quando Francia e Germania annunciarono la loro comune volontà di varare un piano da 750 miliardi per risollevare le economie europee. I rendimenti dei Btp decennali puntano dritti all’ormai vicino traguardo dell’1%, portando lo spread tra Btp e Bund decennali – ovvero la differenza tra il rischio di avere in portafoglio debito sovrano italiano o tedesco – fino a quota 150, anche se a fine giornata si era tornati a 153, sempre due punti base in meno rispetto a lunedì. L’Euro ha recuperato ancora sul dollaro fino a quota 1,15. Secondo gli analisti di alcune banche d’investimento, per esempio quelli della giapponese Mizuho, la moneta unica potrebbe raggiungere presto l’obiettivo di 1,30, contro il biglietto verde.

«Il segnale dato dall’Unione Europea ai mercati finanziari è forte, ed è giusto che venga adeguatamente valorizzato», dice al Riformista Lorenzo Codogno, fondatore e capo-economista di LC Macro Advisors, raggiunto al telefono nella city di Londra. In sintonia con questo “effetto Recovery Fund“, agiscono le aspettative che nel Vecchio Continente la pandemia resti sotto controllo. Non è certo così negli Usa, dove i contagi sono in piena espansione: «Questa è una variabile molto importante, e contribuisce a rendere molto ragionevole una riallocazione delle attività finanziarie verso l’Europa», sottolinea Codogno. E se per tutta la prima parte di questo anno maledetto il dollaro è stato protagonista sul mercato valutario – come quasi sempre in passato durante le grandi crisi – la moneta rifugio potrebbe adesso diventare l’Euro: «C’è già una parziale correzione in questo senso. Oltre alla maggior efficacia europea nell’affrontare l’emergenza sanitaria, sul cambio euro-dollaro influisce l’incertezza politica legata alle elezioni presidenziali americane di questo novembre. E pesa anche la coscienza che la Federal Reserve (la banca centrale Usa, ndr) ha praticamente esaurito le munizioni, o almeno la possibilità di fare azioni di politica monetaria ortodosse: il grado di accomodamento che può offrire la Fed è ormai paragonabile a quello della Bce. Non c’è più un differenziale».

È il caso di ricordare che, oltre ai sussidi e ai prestiti del Recovery Fund, l’Eurozona può contare sul programma di emergenza della banca centrale, pronta a comprare titoli di Stato per 1.350 miliardi. Per i Buoni del Tesoro italiani, il fatto che al paracadute della Bce si aggiungano adesso – tutti per noi – 82 miliardi di finanziamenti a fondo perduto e 129 miliardi di prestiti a tassi molto bassi è un toccasana. E ci potrebbero essere ulteriori 25 miliardi in arrivo dal Sure, il fondo di emergenza per la disoccupazione istituito dall’Unione Europea, scrivono in uno studio gli analisti di NatWest Markets. Senza contare il lusso di potersi permettere di dire che il Mes “c’è ma per ora grazie non ci serve“ – parafrasando il premier Giuseppe Conte. Tra gli investitori il timore che l’Italia possa aver problemi a finanziarsi è pressoché svanito, grazie a questo arsenale. Quindi, più acquisti sui Btp, prezzi in crescita e rendimenti ancora giù. La possibilità per il titolo decennale, punto di riferimento del mercato, di tornare a rendere gli 80 punti base dello scorso settembre è alta. Ed è possibile che lo spread col Bund torni ai 100 punti visti per l’ultima volta alla fine del 2015 – a giudicare dalle posizioni che si stanno costruendo sui mercati finanziari. Significherebbe pagare meno interessi. Il nostro immane debito pubblico diverrebbe più sostenibile. Non che ci possiamo proprio rilassare, ma un moderato ottimismo è ragionevole. Pandemia permettendo.