Dal 1992 ad oggi l’Italia è cresciuta pochissimo. Quattro o cinque volte meno dei principali paesi europei. Diciamo di Francia e Spagna, per citare due paesi abbastanza simili al nostro. L’economia è ferma in tutti i settori. E se cammina va col freno. Eppure nel ventennio precedente l’Italia era cresciuta molto. Sul piano produttivo, della ricchezza, dei diritti. Era cresciuta più di tutti gli altri paesi europei – nonostante una situazione politica molto difficile, segnata dalla lotta armata e da una attività dilagante della mafia al Sud – ed era diventata la quinta o forse addirittura la quarta potenza industriale del mondo. Cosa è successo a un certo punto?

È cambiato lo spirito pubblico, l’etica collettiva. Il paese che aveva visto la collaborazione e il conflitto tra borghesia e classe operaia come chiave di volta del suo successo, improvvisamente ha invertito rotta. Il suo obiettivo non è stato più quello di garantire ricchezza e diritti, ma di garantire onestà. Cosa sia esattamente l’onestà è un segreto. Si sa come si manifesta pubblicamente: affermando la superiorità della magistratura, e subito dopo (subordinata a essa) quella della burocrazia politica e amministrativa.

Il risultato è quello che vediamo: il trionfo delle procedure e la sconfitta del prodotto e dei produttori. Di conseguenza una riduzione dei profitti e della libertà di impresa, e parallelamente una forte riduzione dei diritti e della libertà dei lavoratori. E anche del loro benessere. Fatevi questa domanda: le imprese erano più libere e attive nel 1991 o oggi? Poi fatevi questa seconda domanda: i lavoratori dipendenti avevano più diritti e capacità di conflitto nel 1991 o oggi? La risposta è scontata. Il fatto che in questi anni si sia riusciti a danneggiare tutti e due i partecipanti al conflitto è la prova del fallimento.

Dobbiamo continuare con questo spirito suicida? La crisi prodotta dal coronavirus sarà devastante. O ci prepariamo a un colpo di reni o l’Italia declina e svanisce. Che vuol dire un colpo di reni? Vuol dire ristabilire il primato della libertà. In tutti i campi. Politica, economica, civile, di costume. Ribaltare il potere della magistratura e della burocrazia. Costringendo la magistratura a tornare nel suo ruolo costituzionale e a rinunciare alla gestione della politica e dell’economia (cioè a quello che ha fatto in questo quarto di secolo) e radendo al suolo il castello di potere della burocrazia. Lo abbiamo già scritto su questo giornale: la burocrazia è un’ideologia, è la peggiore delle ideologie perché non nasce su dei principi, è il punto di incontro tra una formazione di potere e l’idea che la “regola” sia non un mezzo ma una dea sovrana, che vive per se stessa e che va idolatrata ed esagerata.

Che vuol dire radere al suolo la burocrazia? Esattamente questo: raderla al suolo, eliminare molti enti, autorità, formazioni di potere e di gestione del potere. A partire dall’Anac e dal codice degli appalti, che hanno provocato solo paralisi produttiva e blocco delle opere pubbliche. Qui accanto abbiamo pubblicato un elenco di 12 enti da abolire. È una lista che si può allungare. E che tocca anche l’impianto della giustizia amministrativa, che è una dei principali protagonisti del rallentamento dell’economia. Abolire il Consiglio di Stato? Io dico di sì. Vediamo: chi lo presiede oggi? Filippo Patroni Griffi, persona sicuramente rispettabilissima e autorevole. Ex ministro, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ex capo di gabinetto di un ministro. Diciamo un uomo della politica. Cosa ci fa al vertice di un luogo così importante della Giustizia? E quanti consiglieri sono stati in passato capi di gabinetto dei ministri? Vi pare che tutto ciò vada bene e garantisca indipendenza, efficienza, equilibrio?

Ci sono alcuni di questi enti dei quali chiediamo la soppressione che hanno un fine nobile. Garantire la libertà di informazione, per esempio, o garantire la privacy. L’hanno garantita? Qualcuno osa dire che l’hanno garantita? No. Meglio eliminarli e trovare forme diverse di garanzia e anche di lotta politica. Lo Stato deve liberare le imprese. E occuparsi di garantire solo due cose: diritti dei lavoratori e welfare. La modernità sta lì: più welfare, più diritti e più libertà. Se dopo il virus riusciremo a esprimere questa svolta, benissimo. Sennò rassegnamoci a diventare un Paese di seconda o terza, o quarta fila.

Questo è l’elenco di 12 enti che potrebbero essere aboliti senza danni e con ottimi effetti per l’economia

1) Corte dei Conti

2) ANAC Autorità Nazionale Anticorruzione

3) AGCM Autorità garante della concorrenza e del mercato

4) Garante per la protezione dei dati personali

5) AGCOM Autorità per le garanzie nelle comunicazioni

6) TAR Tribunale Amministrativo Regionale

7) Consiglio di Stato

8) CNEL Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro

9) Giudice di Pace

10) Autorità di Sistema Portuale

11) Provveditorato Opere Pubbliche –

12) INAPP – Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.