Gli alibi sono finiti. E, ora che il decreto Rilancio assegna tre miliardi e 250 milioni ai sistemi sanitari locali, Regioni come la Campania non potranno più accampare scuse davanti ai continui flop dell’assistenza domiciliare integrata. Nel giro di un mese Palazzo Santa Lucia dovrà stilare il piano nel quale saranno previste massicce assunzioni di infermieri, medici e operatori socio-sanitari che, finanziate proprio con i fondi messi a disposizione dal governo nazionale, dovrebbero parzialmente rimediare alle croniche carenze di personale nell’ambito della medicina territoriale. Ma andiamo con ordine.

L’impennata dei contagi da Coronavirus delle scorse settimane ha messo a nudo le falle di un sistema sanitario che è incentrato sugli ospedali e, parallelamente, trascura la medicina territoriale. Eppure l’assistenza fornita dai distretti e dagli ambulatori è decisiva per prevenire le malattie ed evitare che i pazienti si riversino in ospedale intasando i reparti e facendo lievitare i costi a carico della sanità pubblica. Dati alla mano, un solo posto letto in ospedale costa tra i 700 e i mille e 200 euro a seconda della patologia dalla quale è affetto il paziente. In altri termini, l’assistenza domiciliare integrata è indispensabile per risparmiare ed evitare che gli ospedali vadano in tilt. D’altra parte, è questa la strada che Regioni come Veneto ed Emilia-Romagna hanno scelto di seguire in tempi non sospetti.

Discorso diverso per la Campania, reduce da anni in cui la sanità è stata commissariata e sottoposta a una serie di tagli che hanno ridotto il personale medico, paramedico e amministrativo di oltre 13mila unità. A patirne le conseguenze sono stati soprattutto i distretti e gli ambulatori, quindi il sistema di assistenza domiciliare integrata. Ora, però, dal decreto Rilancio arriva una speranza. Il testo, infatti, assegna alle Regioni più di tre miliardi di euro per rafforzare la rete ospedaliera e, nel contempo, la medicina territoriale.

In base alle previsioni, la quota di fondi destinata alla Campania dovrebbe consentire il reclutamento di circa 980 infermieri, 400 medici e 600 infermieri sia con contratti a tempo determinato fino alla fine del 2020 sia con accordi a tempo indeterminato a partire da gennaio del prossimo anno: risorse fondamentali per colmare le falle della medicina territoriale e rimediare ai disastri prodotti da una politica sanitaria impegnata più a tenere i conti a posto che a garantire la salute dei cittadini. “Il problema è che, di fatto, la medicina territoriale non esiste in Campania – attacca Lorenzo Medici, leader regionale della Cisl Funzione Pubblica – Se consideriamo che all’appello mancano 13mila unità di personale, le assunzioni finanziate con i fondi stanziati dal decreto Rilancio dovranno sommarsi al reclutamento di almeno altri 3mila tra medici e infermieri”.

A questo problema se ne aggiunge un altro, cioè quello del criterio di riparto delle risorse messe a disposizione dal governo. Ogni anno, infatti, lo Stato destina alla sanità regionale circa 200 miliardi di euro. La suddivisione avviene in base a una serie di criteri tra i quali spicca quello dell’età della popolazione: più i residenti sono anziani, più soldi andranno a quella “fortunata” Regione. Ecco il motivo per il quale la Campania, dove la popolazione è tra le più giovani in Italia, incassa mediamente circa nove miliardi a differenza della Liguria che, avendo meno abitanti ma più anziani, racimola molto di più. Lo stesso problema si riproporrebbe in riferimento al riparto dei 36 miliardi che l’Italia potrebbe ottenere aderendo al Mes.

“I criteri attualmente seguiti dal governo dovrebbero essere integrati con quello del degrado socioeconomico e della spesa sanitaria – conclude Medici – Più risorse dovrebbero essere destinate a chi sborsa di meno per il settore della salute e, nello stesso tempo, deve confrontarsi con una realtà sociale più ostica”. Insomma, la pandemia sta offrendo alla Campania l’occasione non solo per ristrutturare la rete ospedaliera e la medicina territoriale, ma anche per rimediare allo storico definanziamento della sanità nel Mezzogiorno: un altro banco di prova per il governatore Vincenzo De Luca.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.