«In Campania decine di migliaia di imprese sono sull’orlo del fallimento. Bollette di luce e gas alle stelle e niente aiuti da Roma. La soluzione? Costruiamo una banca che possa aiutarli». A svelare l’idea al Riformista è Vincenzo Schiavo, presidente Confesercenti Campania.

Bollette di luce e gas alle stelle e imprese in ginocchio. Presidente, ci delinea un quadro preciso della situazione in Campania?
«Le bollette sono aumentate in maniera esponenziale, in alcuni casi abbiamo riscontrato un aumento che va dal 43% al 55% rispetto a quelle che solitamente pagavano gli imprenditori; in altri casi siamo arrivati al 100% di aumento. È insopportabile il peso di questo caro bollette. Le 560mila imprese campane, tra piccole, medie e grandi, mediamente pagavano 100-150 euro al mese di energia, ora si troveranno a dover pagare 230-240 euro. Quindi, ci saranno 40 milioni di euro in più al mese di caro energia che le imprese in Campania dovranno sostenere. A queste cifre, dobbiamo sommare il 22% di iva, un regalo che mandiamo ogni mese alla comunità europea. Le faccio un esempio concreto, abbiamo analizzato una bolletta di un ristoratore: a settembre pagava 2.700 euro di energia, oggi, la stessa bolletta, vede la cifra schizzare a 4.700 euro. Sono cifre impossibili. Anche perché contemporaneamente all’aumento del costo dell’energia, è aumentato quello dei trasporti, idem il contatore e così via per tutte le voci».

A fronte di questi numeri, quante imprese rischiano di chiudere per sempre?
«In Campania sono circa 15mila gli imprenditori che ci hanno comunicato di voler chiudere i battenti perché non riescono ad andare avanti dovendo sostenere queste spese enormi. A Napoli sono migliaia le imprese che ci hanno già comunicato di non poter resistere ancora a lungo. Molti imprenditori stanno pensando di chiudere prima le loro attività così da risparmiare sull’energia: se si chiude un’ora prima ogni giorno, in un mese si risparmiano circa 500-600 euro. Di conseguenza, però, si pagheranno meno i dipendenti. E questo è un altro tasto dolente. Nel frattempo, l’economia si blocca. Il caro bollette colpisce gli imprenditori e a cascata tutti gli altri, dipendenti e consumatori. Per non parlare dell’export. Fino a poco tempo fa un container aveva un costo di 2.500 euro per il trasporto di una merce dall’Italia alla Cina e viceversa, adesso la stessa tratta ha un costo di 16mila euro. Quindi, considerando che tanti prodotti arrivano dall’estero, penso al grano o al caffè, noi ci ritroveremo da qui a qualche mese a pagare il doppio anche quei prodotti che rientrano tra i beni essenziali. Il pane, la farina, per esempio saliranno alle stelle. Stessa cosa accadrà per la plastica o la carta. E quando le imprese locali finiranno le scorte che hanno a terra e dovranno acquistare dai paesi esteri, questi aumenti si abbatteranno come uno tsunami su tutti noi, non solo sugli imprenditori».

Una reazione a catena che colpirà il portafoglio di tutti. Qual è stato l’errore?
«Direi che a sbagliare è stato il governo che continua a parlare di questi aumenti senza prendere provvedimenti seri. Siamo delusi perché da agosto stiamo cercando di portare all’attenzione dei ministri la gravità della situazione e vuoi per un motivo, vuoi per un altro nulla si muove».

Confesercenti aveva anche chiesto di sospendere i mutui per le aziende.
«Sì. Perché al caro bollette vanno sommate le rate che gli imprenditori dovranno pagare alle banche per i mutui e i leasing. Già dalla prossima settimana, le banche scriveranno agli imprenditori, intimandogli di pagare i mutui. Dopo pochi giorni, se il beneficiario del mutuo non paga, verrà inserito dalla banca tra i cattivi pagatori, e questo significa che non potrà più chiedere finanziamenti o prestiti per investire nella sua attività. È per questo che avevamo chiesto al governo di varare un provvedimento che consentisse alle banche di poter sospendere le rate dei mutui, ma niente è stato fatto. Ed è per questo che stiamo avendo frizioni molto forti con il governo centrale».

Oltre alle richieste continue a Roma, avete pensato a una soluzione per sostenere le imprese campane?
«Sì. Stiamo creando una nostra banca per supportare gli imprenditori. Una banca che possa agevolarli e aiutarli a pagare bollette, mutui e fornitori. L’unica soluzione che ci è venuta in mente per dare liquidità agli imprenditori e permettergli così di sopravvivere è costruire una banca di Confesercenti».

Questo anche per cercare di arginare il fenomeno dell’usura?
«Il rischio usura in questo momento è altissimo. La malavita ha gioco facile. Un imprenditore pur di sopravvivere si rivolge agli usurai e questo alimenta la piaga dell’illegalità nel nostro territorio. Cresceranno le attività in difficoltà e le famiglie inizieranno ad avere fame, per molti l’unica soluzione sarà rivolgersi alla criminalità organizzata».

Un problema economico che diventa ovviamente anche sociale. Si era fatto un gran parlare del Pnrr come occasione unica per ridurre il divario storico tra Nord e Sud, ma se solo in Campania chiuderanno migliaia di imprese altro che accorciare il divario, aumenterà ulteriormente.
«Assolutamente sì. Stiamo andando nella direzione opposta a quella che il governo aveva intenzione di perseguire e il divario aumenterà. Mentre il pro capite qui nel Mezzogiorno è tra i 16mila e i 19mila euro, al Nord è di circa 39mila euro. Per non parlare del fatto che più si è vicini geograficamente al Nord Europa e più e facile esportare i propri prodotti. Quindi, un’impresa che dalla Calabria deve esportare in Germania, per esempio, deve fare 900 km in più che si traducono in circa 3.000 euro di costi aggiuntivi che le imprese del Nord non hanno. Il divario c’è e fanno finta che non ci sia. Come sanno perfettamente che molte imprese del Sud, pur essendo aziende eccellenti, non riusciranno a sopravvivere. Ma, nonostante ciò, non si riesce a dare supporto alle realtà imprenditoriali del Sud».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.