«Adesso basta. Con gli avvocati lunedì chiederemo un’istanza di annullamento della determinazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e se necessario valuteremo una denuncia per abuso d’ufficio al direttore Marcello Minenna: uno dei dirigenti scelti da quel Movimento 5 Stelle che a parole è dalla nostra parte». Luca Fiorentino, amministratore di Cannabidiol distribution, dopo l’intervista rilasciata a Il Riformista lunedì scorso passa dalle parole ai fatti. Obiettivo: provare a scongiurare la chiusura del suo business fondato su oli a base di Cbd e fiori di canapa, la cosiddetta cannabis light e tutelare i suoi dipendenti e chi lavora indirettamente per lui. Ma non solo, a detta sua si tratta del tentativo di salvare un intero indotto che conta migliaia di operatori e 150 milioni di fatturato all’anno.

Dopo la decisione del ministero della Salute di inserire i liquidi con Cbd tra le sostanze stupefacenti e soprattutto a seguito della delibera “anti-cannabis” dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, le tabaccherie hanno smesso di fare ordini alla Cannabidiol, mandando in ginocchio la società. Il provvedimento dell’organo retto dall’ex assessore al Bilancio del Campidoglio Minenna chiede ai titolari di negozi, farmacie o parafarmacie che vendono sigarette elettroniche di non commerciare prodotti derivati dalla canapa sativa, pena il ritiro delle necessarie autorizzazioni statali.

«Nel pieno rispetto delle normative – scrive l’azienda in una nota- dal 15 ottobre abbiamo sospeso la commercializzazione di olio a base di Cbd. Per quanto riguarda la determinazione dell’Agenzia  si osserva che: è stata emanata da un ente che non ha autorità sui soggetti a cui si rivolge, in violazione di una norma di legge (la 242 del 2016), che prevede espressamente la possibilità di ottenere e lavorare dalla canapa ad esempio “le fibre”, dalle quali si ricavano i tessuti, mentre la determinazione in oggetto lo vieta espressamente». Quindi, conclude la nota «risulta evidente che la determinazione, lesiva dei principi fondamentali di libertà d’impresa e libera circolazione delle merci, è un atto illegittimo».

L’Agenzia delle dogane e dei monopoli, contattata da Il Riformista, smentisce però quanto detto da Cannabidiol. «Il provvedimento – spiegano dall’ufficio stampa – riprende quanto sancito dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza a Sezioni Unite n. 30475 del 10 luglio 2019 ha ribadito che la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione dei cannabis sativa L, come foglie, inflorescenze, olio e resina, sono condotte illegali secondo il D.P.R. n. 309 del 1990, anche con un Thc inferiore ai valori indicati dalla legge n.242 del 2016. Su tali prodotti si è inoltre espresso anche il Consiglio Superiore di Sanità che, con parere del 10 aprile 2018, ne ha sottolineato la pericolosità, qualunque sia il contenuto percentuale di delta-tetracannabinolo, raccomandando l’adozione di misure per non consentire la libera vendita di tali prodotti».

Infine, aggiunge l’Agenzia: «la determinazione non cambia nulla rispetto al commercio di aromi, alimenti, cosmetici e deodoranti, nel momento in cui essi rispettino i parametri stabiliti dal ministero della Salute, ovvero rientrino nelle categorie di prodotto commerciabili elencati nella stessa legge n. 242 del 2016; né vieta la vendita di derivati che siano privi di ogni efficacia drogante o psicotropa».

Intanto è tensione all’interno di Liberi e Uguali. Il deputato Nicola Fratoianni ha attaccato la scelta del ministero della Salute, chiedendo tramite social al “compagno” Roberto Speranza di «mettere mano a una scelta irragionevole». Per il segretario di Sinistra italiana: «Inserire l’olio al Cbd tra le sostanze stupefacenti è un grave errore. Una scelta infondata dal punto di vista scientifico, che porta con sé due gravi conseguenze. La prima è economica. Si colpisce duramente il settore della cannabis legale, in forte espansione negli ultimi anni e dove sono impiegate migliaia di persone, durante una recessione globale dovuta alla pandemia. La seconda è culturale. Un deciso passo indietro rispetto alla regolamentazione e legalizzazione delle sostanze stupefacenti, soprattutto nell’ottica di lotta alla criminalità organizzata».

«Il proibizionismo – chiosa Fratoianni – non è la soluzione». Viene da chiedersi, però, se i due si siano parlati in privato prima di arrivare a questa accusa online. Non sono nello stesso schieramento?