Italia modello per l’Oms? Forse per il Covid-19, ma sicuramente non per la cannabis. Ieri un decreto del ministero della Salute guidato da Roberto Speranza ha inserito tra i medicinali con sostanze stupefacenti «le composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di cannabis». Sono i liquidi a base di Cbd, il principio attivo riconosciuto dalla medicina e dall’Organizzazione mondiale della sanità come non psicotropo. Per dirla in modo semplice: non procura “sballo”, nonostante quello che risulta scritto sul decreto.

L’Oms aveva raccomandato all’Italia una riforma per riconoscere le proprietà mediche della cannabis e aveva specificato di non inserire i prodotti a base Cbd in nessuna tabella di medicinali con stupefacenti. Il cannabidiolo è la seconda sostanza più abbondante nella cannabis dopo il Thc (che oltre certe dosi ha sicuramente effetti psicotropi) e possiede evidenti capacità rilassanti, antinfiammatorie e antidolorifiche. Proprio per questo è utilizzato per il trattamento di diverse patologie. Nella premessa del decreto si parla del fatto che sta per essere messo in commercio l’Epidiolex, un farmaco a base di Cbd, prodotto dalla Gw Pharmaceuticals. «Il medicinale – si legge – è controllato attraverso un programma di uso compassionevole, notificato all’Aifa, per i pazienti in trattamento con sindrome di Dravet e sindrome di Lennox-Gastaut».

Viene quindi spiegato che «nella tabella sono indicati i medicinali a base di sostanze attive stupefacenti ivi incluse le sostanze attive ad uso farmaceutico». Uno dei motivi della decisione sarebbe allora l’arrivo del medicinale. Ora, però, si crea più di un problema per i negozi di cannabis light. Se i liquidi a base di Cbd sono stupefacenti, allora gli oli con cannabidiolo non potranno più essere venduti liberamente negli esercizi commerciali. Il rischio, poi, è che possano essere ritenute illegali anche le infiorescenze e quindi i non estratti, che contengono lo stesso principio attivo. Tutto un mercato, quindi, rischia di andare in crisi.

Non solo: l’altro ieri il direttore generale dell’Agenzia dei Monopoli e delle Dogane, Marcello Minenna, ha chiesto ai titolari di negozi, farmacie o parafarmacie che vendono sigarette elettroniche di non commerciare prodotti derivati dalla canapa sativa, pena il ritiro delle necessarie autorizzazioni statali. Insomma, nel mirino: foglie, infiorescenze, oli, resine e tutto ciò che contiene sostanze tratte da questa pianta. Il motivo, secondo l’Agenzia, è evitare che vengano violate le norme sugli stupefacenti (in particolare il Dpr del 1990 n. 309) e la legge n. 242 del 2016 (che definisce quali sono i prodotti nei quali può essere utilizzata la canapa coltivata). Il riferimento è il Consiglio Superiore di Sanità, secondo cui non potrebbe essere esclusa la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, qualunque sia il contenuto percentuale di Thc.

«Questa del ministero è una scelta illogica che penalizza gravemente tutto il settore della coltivazione della canapa, lasciando così campo aperto ai soli colossi farmaceutici» dicono in una nota gli oltre 70 parlamentari dell’intergruppo per la cannabis legale, che unisce parlamentari di Pd, M5S, Radicali, Italia Viva e lo stesso LeU del ministro Speranza. «La decisione – aggiungono deputati e senatori – è in evidente contrasto con quanto promosso dal Ministero dell’Agricoltura che ha recentemente inserito i prodotti della cannabis tra le varietà officinali, dando il via alle filiere estrattive dei principi di questa nobile pianta».

Poi l’affondo al governo: «Mentre nel resto del mondo si supera il proibizionismo, in Italia si ha l’impressione di una tendenza alla criminalizzazione della natura, in contrasto con le politiche di lotta alle mafie, sviluppo sostenibile e potenziamento del settore agricolo in funzione della salvaguardia dell’ambiente e degli ecosistemi». «Per me – dice il senatore del Movimento 5 Stelle Matteo Mantero a Il Riformista – la misura è colma, non siamo più disposti a subire scelte assurde, il Ministero e il governo sono avvisati. Questo provvedimento, non si sa voluto da chi, rischia di distruggere una filiera nascente di 3000 aziende, che dà lavoro a 12mila persone. Va ritirato immediatamente». L’associazione Meglio Legale denuncia poi che la decisione «avrà delle conseguenze disastrose nel rendere ancora più incerto e confuso l’iter per i pazienti che fanno uso di cannabis medica (con Thc)».

Una cosa è evidente: il ministro Speranza è sì impegnato e “distratto” dalla durissima battaglia contro il coronavirus, ma è comunque responsabile del decreto del suo ministero. Il suo non è mai stato il profilo di un proibizionista, anzi, e questo fa pensare a una disattenzione. Ma è pur vero che a vincolarlo non c’è nessun programma elettorale. Tra le “promesse” di Liberi e Uguali prima del voto del 2018 la questione cannabis non è menzionata. Resta il fatto che un esponente importante della formazione di sinistra, Daniele Farina, è relatore di una proposta di legalizzazione e si è speso in campagne pubblicitarie ad hoc con il logo di LeU. Qualcosa, quindi, non torna.