CasaPutin. Potrebbe mostrare questa insegna il nuovo punto di ritrovo dei no vax. Frequentata da chi fino a ieri ringhiava l’esistenza in atto di una “dittatura sanitaria”. Ora trasmigrati nel sostegno alle presunte ragioni della Russia. Di Putin, appunto. Sullo sfondo, persiste l’ossessione sovranista propalata nei social, che essi sostengono essere invece l’unica verità pienamente “libera” nel contesto geopolitico e clinico planetario. Ignorano il tratto imperialistico del nuovo idolo, mostrano perfino orgoglio per la scelta di campo. Forse, molti di loro hanno in casa il volume Impara il judo con Putin (Mondadori, 2001).

Innalzano un ritrovato antisemitismo; puro razzismo plebeo. Nei tweet, sollevano ulteriori accuse ai “poteri forti”, ai “guerrafondai”, escludendo tuttavia dagli indesiderabili chi una guerra d’aggressione a uno stato sovrano, l’Ucraina, l’ha appena messa in atto. Torna il disprezzo per gli Stati Uniti d’America: “Yankee Go Home”, remixato tra narrazione sulla pandemia “procurata” e il resto che giunge da Mosca. Un combinato disposto nazi-fascio-comunista compiaciuto del proprio sentire; analfabetismo autoritario e frustrazione sociale che condanna l’esistenza stessa della Nato.

Dopo “Parlateci di Bibbiano!”, l’appello a non farsi mai “inoculare”, la profezia secondo cui gli altri – i “sierati” – “moriranno tutti”, la bugia del vaccino “sperimentale”, se non certamente un prodotto “satanico”, dopo le stelle di Davide disegnate sulle mascherine in nome del rifiuto del green pass, questa stessa massa populista ha scelto di trasferire la propria subcultura nelle piazze che la propaganda di Putin ha offerto loro in comodato d’uso ideologico, sempre in nome di una presunta libertà altrove negata. Opzione ideologica e insieme tecnica di sopravvivenza mediatica con intenti ora eversivi ora commerciali; modalità di galleggiamento politico ulteriore del populismo.

Una loro portavoce, deputata europea già leghista, insinuava in un talk queste “verità” con sicumera demagogica. Subito acclamata dalla sponda rosso-bruna. Colpa del sistema dell’informazione e del controllo sociale pervasivi, il “mainstream” ufficiale “occidentale” come megafono. Altrove, un apprezzato scrittore fascista sosteneva, circa le ripercussioni che la guerra presto determinerà in casa nostra, che Berlusconi, lui sì, da una posizione di governo avrebbe garantito all’Italia una conveniente risoluzione rispetto all’attuale nodo ucraino, riportando l’ “amico” Vladimir a più miti consigli. Lo stesso utilizzo ambiguo della svastica, semanticamente ribaltata come distintivo della volontà di potenza della Nato che non avrebbe rispettato i patti con la Russia, indica una doppia nostalgia feticistica sia per il “Reich millenario” sia per l’Urss. Su tutto, tralasciando per un istante la questione del vaccino, Putin e la “sua” Russia come unica vera parte lesa.

Politicamente parlando, siamo in presenza di un pensiero tossico che mostra un deficit culturale perfino all’interno della sinistra radicale, tra centro sociale occupato e presidio presunto “antifascista”. Simmetrico alla difesa pubblica del criminale Milosevic cui abbiamo assistito da parte dello stesso contesto anni addietro. Il leninismo nella sua sostanza autoritaria mai del tutto tramontato; supportato tra distinguo e “però!” Un mondo mai sfiorato dall’idea dell’irricevibilità del linguaggio di chi definisce il governo legittimo ucraino “una banda di drogati e neonazisti”.

Da riportare alla memoria le parole di disprezzo assenti a ogni diritto con cui il procuratore dei processi-farsa di Mosca in epoca staliniana concludeva le requisitorie: “Fucilateli, questi cani rabbiosi!”. Chiunque abbia fatto proprie le semplici aste del pensiero democratico, a parere di questa gente dovrebbe ritenersi un “rinnegato”. Il fiele della menzogna che fa vergognare perfino il sottoscritto d’essere stato un tempo comunista. Nel frattempo, la Federazione judo ha sospeso dalla carica di presidente onorario Vladimir Putin.

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Fulvio Abbate è nato nel 1956 e vive a Roma. Scrittore, tra i suoi romanzi “Zero maggio a Palermo” (1990), “Oggi è un secolo” (1992), “Dopo l’estate” (1995), “Teledurruti” (2002), “Quando è la rivoluzione” (2008), “Intanto anche dicembre è passato” (2013), "La peste nuova" (2020). E ancora, tra l'altro, ha pubblicato, “Il ministro anarchico” (2004), “Sul conformismo di sinistra” (2005), “Roma vista controvento” (2015), “LOve. Discorso generale sull'amore” (2018), "Quando c'era Pasolini" (2022). Nel 2013 ha ricevuto il Premio della satira politica di Forte dei Marmi. Teledurruti è il suo canale su YouTube. Il suo profilo Twitter @fulvioabbate